Scopri come le vendite online su piattaforme come Vinted e Wallapop può comportare l’obbligo di partita IVA e il rischio di multe
Arriva un’ondata di multe per chi ha venduto abiti e oggetti usati su Vinted e Wallapop? Il rischio è reale anche per chi, in buona fede, ha effettuato vendite online senza considerare la normativa più recente sul commercio elettronico.
Il commercio di oggetti usati non è sempre considerato un’attività non abituale, ed è necessario prestare attenzione alle regole fiscali imposte dal proprio paese, come nel caso dell’Italia, per evitare di essere accusati di evasione fiscale.
Chi rischia di ricevere multe per le vendite online?
Se si vendono sporadicamente oggetti o vestiti su Vinted, Wallapop, o altre piattaforme, non si è obbligati a pagare tasse né a seguire adempimenti fiscali. Tuttavia, in presenza di determinati requisiti, si potrebbe incorrere in sanzioni per i redditi non dichiarati e l’obbligo di aprire una partita Iva, con tutte le conseguenze del caso. La difficoltà principale è distinguere tra vendite occasionali e vendite professionali, un confine che non dipende da guadagni minimi o dal numero di vendite, ma dal tipo di commercio.
In Italia, dal 1° gennaio 2023, è entrata in vigore l’obbligatorietà per le piattaforme di comunicare i dati delle vendite online effettuate dagli utenti (prime comunicazioni nel 2024).
Dal 2024, con l’entrata in vigore della direttiva Dac7 del 2021, tutte le piattaforme di vendita online sono obbligate a comunicare i dati delle vendite degli utenti, coinvolgendo anche l’Italia. Un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 20 novembre 2023 ha definito i termini e le modalità per la trasmissione di tali dati.
Le piattaforme che consentono la vendita di beni e servizi, inclusi gli oggetti usati, devono inviare alle autorità fiscali i dati relativi a tutte le vendite realizzate dagli utenti. Di conseguenza, l’obbligo di aprire una partita Iva potrebbe estendersi anche a chi vende su Vinted, Wallapop e piattaforme simili.
L’obiettivo principale di questa normativa è contrastare l’evasione fiscale, spesso difficile da individuare nel commercio elettronico.
La direttiva UE non si applica solo a Vinted e Wallapop, ma a tutte le piattaforme che permettono la vendita di prodotti o servizi. Piattaforme come Amazon, Etsy, Vestiaire Collective, eBay, e anche Airbnb devono trasmettere i dati delle vendite alle autorità fiscali. Superando un certo numero di vendite o un determinato importo guadagnato nell’anno solare, il venditore dovrà compilare un modulo con i propri dati. Questo non implica necessariamente il pagamento di tasse, che dipende dalla normativa vigente nel paese di residenza.
Il modulo deve essere compilato quando si verifica una delle seguenti condizioni:
- effettuare almeno 30 vendite in un anno solare;
- guadagnare più di 2.000 euro in un anno dalle vendite.
Chi non supera le 30 vendite o non guadagna oltre 2.000 euro in un anno non sarà obbligato a compilare il modulo. Se si rientra in una di queste categorie, i dati da indicare sono:
- nome e cognome;
- data di nascita;
- indirizzo;
- codice fiscale o partita Iva.
Se il venditore è una persona giuridica, i dati da inserire sono:
- ragione sociale;
- indirizzo;
- numero di identificazione fiscale;
- partita Iva.
Le piattaforme online, oltre a questi dati, comunicano all’Agenzia delle Entrate l’Iban collegato all’account e il nome del titolare del conto corrente, insieme agli importi percepiti.
Vinted rassicura i suoi utenti spiegando che:
“La vendita di oggetti personali tramite Vinted non è tassabile in Italia, anche se venduti a un prezzo superiore a quello d’acquisto. Il raggiungimento delle soglie previste dalla normativa DAC7 e la richiesta di informazioni non implica necessariamente il pagamento di tasse. Solo le attività commerciali devono pagare tasse. Pertanto, non è corretto affermare che gli utenti siano stati multati a causa delle loro vendite su alcune piattaforme. In caso di dubbi sugli obblighi fiscali, si consiglia di consultare le autorità fiscali locali.”
Questo è vero solo in parte. Se si acquista un oggetto, lo si usa (o si decide di non utilizzarlo) e lo si rivende su una piattaforma, si tratta di una vendita occasionale. Tuttavia, acquistare per rivendere è considerato un’attività professionale, soggetta a tassazione e richiede l’apertura di una partita Iva.
L’obbligo di aprire partita Iva e pagare le tasse si presenta quando le vendite online, su piattaforme come Vinted e Wallapop, diventano continuative e non sono più considerate occasionali. Le piattaforme sono tenute a fornire i dati dei venditori all’Agenzia delle Entrate entro il 31 dicembre di ogni anno (per il 2023, il termine è stato prorogato al 31 gennaio 2024).
Le piattaforme trasmettono i dati raccolti degli utenti alla fiscalità del Paese di residenza. A sua volta, l’amministrazione fiscale trasmette questi dati all’Agenzia delle Entrate italiana, che effettua i dovuti controlli per determinare se l’attività di vendita è commerciale o non abituale. La riscossione delle imposte non è immediata ma avviene dopo queste verifiche.
Quando si deve aprire partita Iva?
In Italia, l’obbligo di aprire partita Iva sorge quando le vendite non sono sporadiche ma abituali. Se l’attività di vendita è continuativa, il venditore deve aprire partita Iva e pagare i relativi contributi e imposte sui ricavi.
Se le vendite sono occasionali e non superano determinate soglie, non sarà necessario né compilare il modulo né pagare le imposte sul reddito.
Il principale problema legato alla trasmissione dei dati dei venditori è che l’Agenzia delle Entrate potrebbe analizzare il tipo di attività svolta. Anche se vendere un oggetto usato su piattaforme come Vinted o Wallapop non implica automaticamente un’attività professionale, se le vendite sono abituali, ricorrenti e organizzate, si potrebbe considerare un’attività non occasionale.
Se l’attività di vendita viene ritenuta professionale, è necessario ottemperare agli adempimenti fiscali e aprire una partita Iva. L’Agenzia delle Entrate, attraverso i dati ricevuti dalle piattaforme, può effettuare controlli per identificare venditori che non hanno dichiarato correttamente l’attività commerciale.
In caso di mancata dichiarazione di un’attività professionale, l’Agenzia potrebbe avviare un accertamento fiscale, richiedendo il pagamento delle imposte evase e sanzioni collegate.