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Economia

Stipendio medio in Italia: a che punto siamo?

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Giulia De Sanctis

Lo stipendio medio in Italia non è ancora tornato ai valori pre-covid e il recupero del potere d’acquisto tra 2024 e 2025 sarà davvero esiguo

È noto che lo stipendio medio in Italia sia inferiore rispetto a quello di molti altri Paesi europei, ma anziché confrontarci con le altre nazioni, concentriamoci sulle differenze e particolarità presenti all’interno del nostro Paese. Infatti, non è necessario varcare i confini per osservare regioni, gruppi sociali e categorie professionali con evidenti disparità salariali. In questo approfondimento, cercheremo di offrire un quadro completo dello stipendio medio mensile in Italia, con un focus specifico sui giovani sotto i 30 anni e sulle differenze tra Nord e Sud che, nonostante siano tornate di recente al centro del dibattito politico, rimangono ancora significative.

È innegabile che la pandemia di Covid-19 e il conflitto tra Russia e Ucraina abbiano avuto un impatto sulle economie globali, Italia inclusa: questi eventi, oltre a generare gravi conseguenze sociali, hanno anche rallentato la crescita economica e aggiunto complessità a paesi come il nostro, che già in precedenza faticavano a mantenere il passo con l’aumento delle retribuzioni.

Stipendio medio in Italia: a che punto siamo?

Per comprendere come è cambiato lo stipendio medio in Italia e tentare di immaginare scenari futuri, è necessario esaminare gli ultimi anni: i dati OCSE mostrano chiaramente che, mentre negli ultimi 30 anni gli stipendi europei crescevano, specialmente in paesi come Lussemburgo, Belgio e Danimarca, quelli italiani sono rimasti sostanzialmente stabili. Tuttavia, questa apparente stabilità si traduce in realtà in una riduzione del potere d’acquisto, resa evidente dalle bollette e dagli affitti da pagare: in un recente studio sugli effetti dell’inflazione, è stato evidenziato come la diminuzione del potere d’acquisto abbia un impatto significativo sui nostri stipendi, costringendo una famiglia media a sostenere una spesa aggiuntiva compresa tra 175 e 335 euro al mese.

Stipendio medio in Italia: a che punto siamo? – Informagiovanirieti.it

 

L’Europa ha recentemente approvato in via definitiva una direttiva che stabilisce l’adozione di un salario minimo adeguato nei paesi dell’Unione. Ogni nazione avrà la possibilità di determinare autonomamente il livello minimo salariale, ma dovrà tenere conto degli aumenti recenti del costo della vita. Inoltre, sarà obbligatorio implementare un sistema di monitoraggio per prevenire abusi e irregolarità. Tuttavia, l’Italia non è obbligata a seguire questa direttiva, poiché la contrattazione collettiva copre già oltre l’80% dei lavoratori.

Lo stipendio medio in Italia è chiarito dal report annuale dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Nel rapporto Jp Salary Outlook del 2023, si evidenzia che la retribuzione lorda annua media degli italiani è stata di 44.893 euro. Questo dato rappresenta una crescita dell’1,8% rispetto al 2022, ma se si estende l’analisi agli ultimi otto anni, l’aumento complessivo è del 7,5%. Con questa cifra, l’Italia si posiziona al 21° posto tra i 34 paesi considerati dall’Ocse.

In cima alla classifica, troviamo l’Irlanda con un salario medio di 79.473 euro, seguita dal Lussemburgo con 78.310 euro, e dagli Stati Uniti, che chiudono il podio con una retribuzione lorda annua media di 77.463 euro. All’estremità opposta della lista ci sono Grecia e Messico, quasi appaiati, con una Ral media di 16.600 euro.

Per quanto riguarda l’Italia, l’Ocse sottolinea che la crescita dei salari è stata piuttosto contenuta e, in parte, neutralizzata dall’aumento dell’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie.

Con un’inflazione prevista all’1,1% per l’anno in corso e al 2% per il 2025, il recupero del potere d’acquisto per i lavoratori italiani sarà piuttosto limitato, stabilizzandosi intorno al 2,7% nel 2024 e al 2,5% nel 2025.

Persistono ancora profonde differenze nella distribuzione della ricchezza tra il Nord e il Sud del Paese. Queste disparità continuano a incentivare significative migrazioni interne da parte dei cittadini del Sud. La differenza salariale tra un lavoratore del Centro-Sud e uno del Centro-Nord può arrivare a 3.700 euro l’anno. Tuttavia, questa differenza è parzialmente compensata dal maggiore costo della vita nelle grandi città del Nord. Le regioni con gli stipendi più alti sono Trentino Alto Adige, Lombardia, Liguria e Piemonte, mentre la Basilicata si colloca all’ultimo posto.

Il divario di genere persiste: la differenza retributiva media tra uomini e donne è pari al 7,3%, cifra che scende al 5,5% nei ruoli dirigenziali. L’Ocse mette in evidenza un altro aspetto: lo stipendio reale di un lavoratore italiano è ancora inferiore di circa il 7% rispetto ai livelli pre-Covid, rendendo l’Italia il paese più colpito dalla pandemia nell’area euro.

Il report Jp Salary Outlook segnala che l’unico settore in forte crescita è quello dei servizi finanziari, con gli operatori che hanno beneficiato del più significativo aumento dei guadagni degli ultimi otto anni. Anche sul fronte occupazionale, l’Italia non se la passa bene: il tasso di disoccupazione nel Paese è superiore alla media Ocse del 4,9%. Inoltre, il tasso di occupazione si attesta al 62,1%, il più basso tra i paesi dell’area Ocse, dove la media è del 70,2%.

Per quanto riguarda i salari reali, tra il 1991 e il 2023 l’Italia ha registrato una crescita minima dell’1%, a fronte di un incremento del 32,5% nei Paesi dell’area Ocse.

Giulia De Sanctis

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