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Pause bagno: i datori di lavoro possono limitarle?

Published by
Giulia De Sanctis

Il datore di lavoro può vietare le pause bagno? La risposta è più complessa di quanto ci si aspetti, scopriamola insieme

Alcune persone hanno bisogno di urinare più frequentemente di altre. Le cause possono essere diverse, tra l’aver bevuto troppo o troppo poco (se si beve meno, l’urina è più concentrata e irritante per la vescica, stimolando così lo svuotamento), soffrire di ernia del disco o calcoli renali, avere problemi alla vescica o alla prostata, aver preso freddo o essere affetti da diabete.

Inoltre, c’è chi ha bisogno urgente di defecare a causa di pasti pesanti o del colon irritabile. Ma come si conciliano queste esigenze fisiologiche con il lavoro? Cosa prevede la legge riguardo alla pausa bagno in ufficio?

Anche questo aspetto, come molti altri bisogni umani, è stato oggetto di analisi giuridica. Di recente, il tribunale di Lanciano ha stabilito che la pausa bagno è un diritto previsto dalla legge, dunque è un diritto dei lavoratori.

Quante volte è possibile fare le pause bagno a lavoro?

Esistono però dei casi specifici in cui non è previsto tale diritto o viene negato dal datore di lavoro in maniera illegale. Per questo persistono molti dubbi su quante volte si possa usufruire del bagno, cioè di una vera e propria “pausa” e se un datore di lavoro o un responsabile di negozio può davvero limitarne l’uso. Cosa dice la legge?

La legge sull’orario di lavoro garantisce il diritto a 10 minuti di pausa ogni sei ore consecutive di turno. Questa pausa, come specificato dal Ministero, può essere usata per qualsiasi scopo: mangiare, fumare, prendere un caffè, andare in bagno, leggere il giornale o fare una passeggiata nei corridoi con i colleghi.

Pause bagno: i datori di lavoro possono limitarle? – Unsplash @Claire Mueller – Informagiovanirieti.it

 

Per chi lavora ai videoterminali per almeno 20 ore medie settimanali, è prevista una pausa di 15 minuti ogni 2 ore di lavoro. Anche in questo caso, la pausa può essere utilizzata per andare al bagno. Naturalmente, questo tempo di relax, per quanto breve, resta retribuito.

Purtroppo però non è il lavoratore a decidere quando utilizzare la pausa giornaliera, ma il suo capo in base alle esigenze produttive e organizzative. Ciò significa che la pausa può essere fissata dal datore di lavoro in qualsiasi momento della giornata e non necessariamente a metà del turno.

Non esiste una normativa specifica che stabilisca un numero massimo o preciso di volte in cui un lavoratore può andare in bagno durante l’orario di lavoro. Non esiste perché la necessità di utilizzare i servizi igienici può variare da persona a persona (e anche di molto). La risposta dipende quindi da diversi fattori, tra cui salute, età e condizioni lavorative.

C’è da dire che dieci minuti di pausa bagno possono sembrare insufficienti soprattutto per chi ha frequenti esigenze fisiologiche; tuttavia, anche chi ha già utilizzato tutto il tempo a disposizione non può essere costretto a “trattenersi”.

In caso di urgenza, ha sempre il diritto di andare al bagno, anche se il datore non ha predisposto dei sostituti o questi sono temporaneamente indisponibili.

La legge infatti impone all’azienda di tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori, anche riguardo ai bisogni urgenti. Non importa quante volte si va al bagno, purché ogni volta sia dettata da una necessità effettiva.

Se un datore di lavoro o un responsabile di negozio vieta o limita ingiustificatamente le pause bagno, questo può essere considerato un abuso dei diritti dei lavoratori. In tali casi, i lavoratori hanno il diritto di segnalare il comportamento alle autorità competenti o ai sindacati.

Tutelare il diritto di andare al bagno durante il lavoro significa proteggere la salute fisica e psichica del lavoratore, nonché la sua dignità, evitando situazioni umilianti come dover sopportare il dolore o ritrovarsi con i pantaloni bagnati.

Anche se il diritto di andare al bagno più di 10 minuti ogni sei ore di lavoro non può essere negato, questo tempo aggiuntivo potrebbe non essere retribuito. Le pause fino a 10 minuti sono incluse nella busta paga, mentre quelle superiori potrebbero essere detratte dal conteggio delle ore di lavoro e quindi dal salario.

Infatti, anche se è comprensibile che i datori di lavoro debbano mantenere operativa l’azienda, questo non deve andare a scapito della salute e della dignità dei lavoratori. Se si nota un abuso da parte del datore, sarà contro di lui che si avanzeranno delle segnalazioni agli enti competenti.

La risposta è più complessa di quanto ci si aspetti. Infatti non si trova solo nella regolamentazione delle pause dal lavoro nazionali, come nei contratti. Esistono norme internazionali, come quelle previste dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che sottolineano come i lavoratori devono avere accesso a servizi igienici puliti e accessibili durante l’orario di lavoro.

A questo si aggiunge ovviamente la legislazione nazionale, che prevede che i datori di lavoro non possano impedire ai dipendenti di utilizzare i servizi igienici quando necessario. In Italia è il Decreto Legislativo 81/2008 a stabilire che i datori di lavoro devono garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose, il che include (come abbiamo già detto) l’accesso ai servizi igienici.

Il tribunale di Lanciano ha condannato un datore di lavoro che ha costretto un dipendente a farsela addosso perché non c’era possibilità di sostituirlo alla catena di montaggio.

L’uomo aveva ripetutamente chiesto di andare al bagno, ma per l’assenza del personale di riserva, gli era stato negato. I giudici hanno stabilito che il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie a salvaguardare la dignità morale dei lavoratori, organizzando un sistema che consenta al dipendente di allontanarsi per soddisfare bisogni primari e non controllabili.

Un recente episodio avvenuto in un supermercato di Brandizzo, nel Torinese, ha sollevato la questione dei diritti dei lavoratori in merito alle pause bagno. La direttrice del punto vendita ha inviato un messaggio audio alle dipendenti, in cui vietava l’uso del bagno, affermando che le cassiere avrebbero dovuto “farsela addosso” piuttosto che utilizzare continuamente i servizi igienici. Questo caso ha portato alla protesta dei dipendenti, supportati dal sindacato Uiltucs di Ivrea, che ha richiesto un incontro con la direzione del supermercato per discutere la situazione.

Secondo Francesco Sciarra, segretario generale territoriale della Uiltucs Ivrea, i problemi con la responsabile del punto vendita durano da tempo e le lavoratrici hanno chiesto l’intervento del sindacato per porre fine a queste limitazioni ingiustificate.

Infine, se c’è l’accordo con i sindacati, il datore di lavoro può imporre al dipendente di timbrare il cartellino prima di andare al bagno: in questo modo può controllare il tempo dedicato alla pausa e verificare se rientra o meno nei 10 minuti concessi dalla legge ai fini del calcolo della retribuzione.

È, tuttavia, vietato – ammonisce il Garante della Privacy – imporre al dipendente di chiedere l’autorizzazione prima di andare in bagno: si tratta di un onere lesivo della sua riservatezza che non può essere richiesto in alcun modo. 

Giulia De Sanctis

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