E se anche i giovani cominciassero a temere l’Intelligenza Artificiale? Ecco cosa ne pensano alcuni studenti
Siamo abituati a pensare che i giovani abbiano una sorta di predisposizione naturale per la tecnologia. Ovviamente, termini come “nativi digitali” non fanno che avvalorare questa tesi. Ma allora perché mai le nuove generazioni dovrebbero avere paura dell’Intelligenza Artificiale? Scopriamolo insieme osservando i dati raccolti da Skuola.net.
La concorrenza sleale dell’Intelligenza Artificiale spaventa i giovani
Il mondo del lavoro è competitivo, ma come si può sperare di competere con una macchina costruita per essere perfetta e sempre performante, a prescindere da giornate no e preoccupazioni? Forse è esattamente questo che si sono chiesti molti giovani del liceo quando è stato chiesto loro cosa ne pensassero dell’Intelligenza Artificiale.
Stando ai risultati raccolti da Skuola.net in collaborazione con ELS, uno studente delle superiori su 3 ha dichiarato di temere che l’Intelligenza Artificiale possa “rubargli” il lavoro. Perciò, proprio i giovani che per antonomasia dovrebbero essere coloro più pronti per un futuro digitale, ammettono di non essere così contenti di stare andando sempre di più verso un fantomatico futuro innovativo.
Il 27% degli studenti ha ammesso di credere che ci siano alte probabilità che l’Intelligenza Artificiale possa essere un rischio per la propria realizzazione professionale. E l’8% crede addirittura che non sia neanche il caso di parlare di probabilità bensì di un dato di fatto, arrivando a considerare la propria carriera praticamente stroncata sul nascere.
Il 19% degli studenti, invece, ritiene che non ci sia nulla da temere dall’AI e che, anzi, possa essere un vantaggio da imparare a sfruttare.
È importante sottolineare che questa preoccupazione è più viva nei maschi rispetto che nelle femmine, che invece si dimostrano molto meno ansiose rispetto a questo tema, forse perché le materia STEM, nella percezione sociale, sono ancora considerate appannaggio degli uomini.
La manodopera degli stranieri spaventa meno dell’AI
Un altro aspetto interessante emerso durante il sondaggio è che la manodopera straniera spaventa decisamente meno rispetto all’Intelligenza Artificiale, e questo fa riflettere, soprattutto perché fino a pochi anni fa sembrava il timore principale di chiunque si affacciasse al mondo del lavoro.
Invece, solo il 12% degli intervistati sostiene di essere intimorito dall’afflusso di manodopera straniera e 7 studenti su 10 ammettono che in realtà gli stranieri possano aiutare l’economia.
Si deve parlare di Apocalisse AI o ci sono margini di miglioramento?
Il 37% degli studenti crede che ci sia un margine di miglioramento e che molte attività, in realtà, rimarranno ancora a lungo solo parzialmente “contaminate” dall’Intelligenza Artificiale, puntando ancora sulla manodopera o l’intelletto umano.
L’unica “arma” che i giovani, ma in generale tutti i lavoratori, possono utilizzare per tutelarsi da questo cambiamento, è la conoscenza. Imparare il più possibile sull’Intelligenza Artificiale, potrebbe rappresentare un vantaggio enorme per riuscire a non rimanere schiacciati dalla sua ingombrante presenza.
Come diceva il famoso proverbio? “Tieniti stretto gli amici, ma ancora di più i tuoi nemici” e in effetti è proprio così: più saremo bravi a padroneggiare questo strumento, meno probabilità ci saranno di venire ostacolati.
Ma se fosse proprio questo il punto, se i giovani temessero l’Intelligenza Artificiale proprio perché sentono di non conoscerla abbastanza? A questo proposito si è espresso Pietro Cum, Amministratore delegato ELIS:
“Il timore davanti a una profonda trasformazione tecnologica come l’Intelligenza Artificiale è alimentato anche dalla mancanza di competenze.
La formazione che ricevono i giovani riguarda spesso nozioni del passato e l’orientamento che dovrebbe spalancare le finestre sul futuro soffre di un sistema dell’istruzione che fa ancora fatica a dialogare con il mondo esterno e le sue rapide evoluzioni.
Nella nostra esperienza, tuttavia, collaborando con scuole, istituzioni e imprese, constatiamo che la voglia di cambiare c’è. Potenziare le attività di orientamento e la formazione sulle cosiddette materie STEM sono obiettivi fondamentali sui quali continuare a lavorare”.
In conclusione, prendendo spunto proprio dalle parole di Pietro Cum, possiamo dire che dare ai giovani, all’interno del contesto scolastico, degli strumenti in più per conoscere questo importante nuovo strumento potrebbe non solo prepararli al meglio per il loro futuro lavorativo, ma li farebbe sentire anche meno spaventati e preoccupati per il loro futuro, convincendo soprattutto quell’8% che, in realtà, non bisogna darsi per vinti, anche quando dall’altra parte si ha un avversario così apparentemente invincibile.