Recuperare le perdite generate dagli investimenti finanziari è possibile: si può usare lo zainetto fiscale che trasforma le minusvalenze in credito di imposta. Scopriamo come funziona e i vantaggi.
Lo “zainetto fiscale” è un meccanismo introdotto in Italia che permette agli investitori di gestire più efficacemente la tassazione sui guadagni e le perdite derivanti dagli investimenti finanziari.
Questo sistema è particolarmente rilevante in un contesto in cui la tassazione sui rendimenti finanziari è aumentata dal 20% al 26% nel 2014 per molte categorie di prodotti finanziari, come azioni, obbligazioni societarie, fondi comuni, ETF e titoli derivati. Al contrario, alcuni prodotti come i titoli di Stato italiani e le obbligazioni emesse da enti sovranazionali o da stati nella White List mantengono una tassazione più favorevole al 12,5%.
Il principio dello zainetto fiscale permette agli investitori di compensare le minusvalenze, ovvero le perdite capitali realizzate, con le plusvalenze, cioè i guadagni realizzati, che si accumulano nel corso dell’anno fiscale.
Questo significa che le perdite possono essere sottratte dai guadagni al fine di ridurre l’imponibile su cui si calcola la tassazione finale.
Per utilizzare lo zainetto fiscale, l’investitore deve tenere traccia di tutte le transazioni finanziarie effettuate, registrando sia i guadagni che le perdite.
Alla fine dell’anno, le minusvalenze possono essere compensate con eventuali plusvalenze generate da altri investimenti. Se le perdite superano i guadagni, la differenza negativa può essere portata avanti negli anni successivi, offrendo la possibilità di compensare plusvalenze future.
Cos’è lo zainetto fiscale
Se pensiamo al termine “zainetto” sicuramente facciamo riferimento al classico zaino con cui è possibile portarsi dietro libri, ma anche oggetti di uso quotidiano o tutto ciò che serve in un viaggio o nella vita di tutti i giorni.
Lo zainetto fiscale funziona in modo simile, cioè consente di portarsi dietro le minusvalenze (perdite), per compensarle con le plusvalenze generando così un vantaggio fiscale legato al fatto che l’aliquota del 26% sulle plusvalenze non si applicherà su tutti i guadagni, ma solo alla parte rimanente dopo aver coperto le minusvalenze.
Cerchiamo di capire in modo semplice come usare questo strumento, attraverso un esempio: immaginiamo che in un anno si realizzino plusvalenze derivanti da azioni X, cioè guadagni da vendita di azioni di 100 euro. Su questi dovrebbe essere pagato il 26% di imposte, semplicisticamente 26 €.
Nello stesso anno purtroppo vi sono minusvalenze, cioè perdite per 40 euro sulle azioni Y in seguito alla vendita delle stesse e quindi come differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita.
Per il contribuente questo rappresenta uno svantaggio perché le perdite non sarebbero in ipotesi recuperabili, mentre sul 100 di guadagno si devono pagare le imposte.
Lo zainetto fiscale consente di compensare le perdite con le plusvalenze e quindi di pagare le imposte solo su una quota delle plusvalenze. Viene quindi generato un risparmio di imposta.
Nel caso in cui nell’anno in corso le plusvalenze non bastino a compensare le minusvalenze, o perdite, lo zainetto fiscale consente di compensare una quota e portarsi dietro negli anni a venire le altre minusvalenze. Naturalmente le stesse devono essere già indicate nella dichiarazione dei redditi, vedremo a breve dove, ciò consente man mano di recuperare queste perdite e non pagare le imposte sulle plusvalenze.
Non mancano persone che al fine di compensare le minusvalenze decidono di vendere titoli nel loro portafoglio e generare quindi delle plusvalenze, ciò avviene perché la minusvalenza crea un credito fiscale.
Il recupero delle minusvalenze è comunque soggetto a dei limiti. In primo luogo, può essere attuato solo con plusvalenze derivanti da prodotti che hanno la stessa natura di quelli che hanno generato la minusvalenza.
In particolare, le minusvalenze possono essere recuperate solo con prodotti finanziari che realizzano “redditi diversi” mentre non possono essere compensate con “redditi da capitale”.
I redditi da capitale sono disciplinati dagli articoli 44 e 45 del Tuir (Testo Unico Imposte sul Reddito). Questi purtroppo non ci danno un’indicazione formale, ma un elenco degli stessi. L’articolo 44 prevede la classificazione come redditi da capitale degli interessi derivanti da mutui, conti deposito, obbligazioni e certificati di massa. Comprende, inoltre:
- le rendite perpetue;
- i proventi derivati da prestiti;
- gli utili derivanti dalla partecipazione in capitali di società;
- i dividendi societari;
- le remunerazioni delle azioni derivanti dalla partecipazione agli utili.
Tutte queste forme di redditi da capitale non possono essere utilizzate quindi per compensare le perdite contenute nello zainetto fiscale. Si possono, invece, utilizzare azioni, obbligazioni, ETF, certificati, strumenti derivati come opzioni e futures.
Sulle azioni occorre a questo punto chiarire. Le azioni sono “quote di una società”, si può investire in due modi, cioè comprare per poi vendere e lucrare sulla differenza di prezzo tra il momento di acquisto e quello della vendita, oppure avere pacchetti azionari/quote e partecipare alla divisione degli utili e quindi ai risultati dell’azienda. Nel primo caso il prodotto è da classificare come “redditi diversi”, nel secondo caso si tratta di “redditi da capitale”.
Un’ulteriore digressione deve essere fatta con gli ETF. Si tratta di fondi comprendenti diversi prodotti finanziari in modo da abbassare il rischio di investimento. Sono caratterizzati da basse commissioni. Questi possiamo dividerli in armonizzati e non armonizzati. Gli ETF non armonizzati sono quelli che non rispettano la normativa europea e solitamente sono collocati al di fuori dell’Unione Europea. In questo caso i redditi generati sono considerati ordinari e tassati con le classiche aliquote Irpef. Non consentono quindi la compensazione con lo strumento dello zainetto fiscale.
Passiamo quindi agli ETF armonizzati. In questo caso le plusvalenze sono da classificare come redditi da capitale, mentre le minusvalenze derivanti da ETF armonizzati sono “redditi diversi”.
Questa particolare disciplina, che non consente di compensare le minusvalenze con le plusvalenze anche se generate entrambe da ETF, è stata introdotta con il decreto legislativo 44 del 2014, in attuazione della direttiva Ue 2011/61 che ha provveduto ad armonizzare la materia.
Le minusvalenze generate da ETF armonizzati non possono essere compensate con plusvalenze da ETF o da altri redditi da capitale, ma possono essere compensate da altre plusvalenze classificate nei “redditi diversi”.