Opzione Donna è stata confermata con la Legge di bilancio 2024: ecco chi potrà andare in pensione anticipata
La pensione anticipata con Opzione donna è un’opportunità che poche lavoratrici potranno utilizzare quest’anno: non è un mistero che il governo Meloni abbia ristretto molto i requisiti per l’accesso, così che l’anticipo pensionistico nato nel 2019 per agevolare le donne oggi risulta una misura quasi marginale, con una platea di alcune migliaia di persone.
Tuttavia, ci sono persone che possono scegliere di utilizzarla: permette, dopotutto, di lasciare il lavoro a 61 anni, o 59 anni per chi ha due o più figli, se si hanno almeno 35 anni di contributi.
Ci sono anche altri requisiti più particolari da rispettare e l’importo dell’assegno è calcolato con il metodo contributivo, dunque più ridotto. Ecco le istruzioni dell’Inps, aggiornate da pochi giorni con una apposita circolare, su chi può utilizzare Opzione donna, quando arriva e come fare domanda.
L’Inps ricorda innanzitutto che possono accedere a Opzione donna quelle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2023 abbiano maturato almeno 35 anni di contributi e abbiano compiuto almeno 61 anni di età.
Per i contributi valgono anche gli eventuali periodi lavorati all’estero (nei Paesi dell’Ue, dello Spazio economico europeo, in Svizzera o in Stati che hanno degli accordi specifici con l’Italia). Per quanto riguarda l’età, invece, la soglia può abbassarsi per le madri lavoratrici: le donne con un figlio possono usare Opzione donna a 60 anni, quelle con due o più figli a 59 anni.
Tuttavia, questo anticipo pensionistico richiede anche di rispettare altri paletti che rendono la misura molto meno accessibile. Possono lasciare il lavoro in anticipo le donne che oltre a rispettare i criteri di età e di contributi versati rientrano in una di queste categorie:
Solo per questa ultima categoria, la soglia di età scende in automatico a 59 anni, a prescindere dalla presenza di figli. Ci sono comunque delle precisazioni: il tavolo ministeriale sulla crisi aziendale deve essere attivo al 1° gennaio 2024, oppure deve essere stato attivato nel corso del 2024.
Per le dipendenti, il tavolo deve essere attivo quando si fa richiesta per la pensione. Per le lavoratrici licenziate, il licenziamento deve essere arrivato quando il tavolo era aperto, e dopo aver perso il lavoro non devono aver avuto un altro contratto a tempo indeterminato.
L’assegno pensionistico per chi sceglie Opzione donna è del tutto calcolato con il metodo contributivo, cioè quello che si basa sui contributi versati, e non sugli ultimi stipendi ricevuti (metodo retributivo).
Questo significa che l’importo è necessariamente più basso rispetto alla pensione di vecchiaia. Non solo perché si lascia il lavoro prima, ma perché si rinuncia ad alcuni anni in cui invece si avrebbe diritto al calcolo retributivo, più generoso.
Infatti, chi ha 35 anni di contributi versati nel 2023 dovrebbe aver iniziato a lavorare almeno nel 1988. Poiché il calcolo contributivo ha iniziato a essere applicato a tutti dal 1996, ci sono almeno otto anni in regime retributivo, che hanno un peso nel calcolo finale della pensione per chi sceglie quella di vecchiaia.
Per Opzione donna invece (come avviene spesso con altre forme di anticipo pensionistico) l’assegno si calcola tutto con il metodo contributivo e quindi è più basso.
Per quanto riguarda poi l’arrivo di questo assegno, i tempi di attesa possono essere piuttosto lunghi. Per le lavoratrici dipendenti la pensione può arrivare a partire da dodici mesi dopo che sono stati raggiunti i requisiti anagrafici e di contributi. Per le lavoratrici autonome, invece, la finestra è di diciotto mesi.
Chi ha raggiunto i 61 anni e 35 anni di contributi a novembre 2023, ad esempio, può fare domanda subito ma non inizierà a ricevere l’assegno prima di novembre 2024 (se è dipendente) o di maggio 2025 (se è autonoma).
Per quanto riguarda la domanda, la modalità per presentarla non cambia rispetto agli altri tipi di pensione. Si può procedere in autonomia dalla propria area personale sul sito dell’Inps, accedendo con Spid, Cie o Cns. Oppure ci si può rivolgere di persona a un patronato, un Caf o un ufficio territoriale Inps per ricevere assistenza.
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