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Piracy Shield, funziona davvero? Tra numeri ufficiali e ufficiosi ecco quale impatto ha avuto lo scudo antipirateria

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Paolo Pontremolesi

Piracy Shield è un importante strumento nella lotta contro la pirateria digitale, ma è evidente che ci siano diversi problemi da affrontare.

In un mondo digitale in cui la pirateria online rappresenta una minaccia crescente per gli autori di contenuti originali e per le industrie creative, le istituzioni si adoperano per fornire soluzioni efficaci contro queste attività fraudolente. In Italia, per contrastare questo fenomeno, è stato lanciato Piracy Shield, un sistema avanzato di blocco di siti web che violano i diritti di proprietà intellettuale. In attività ufficialmente a partire dal 1° febbraio 2024, questo strumento si propone di interrompere l’accesso a portali che distribuiscono illegalmente materiale protetto, come film, musica, software e trasmissioni sportive in diretta.

Piracy Shield è stato lanciato per combattere la pirateria online – Informagiocanirieti.it

Secondo quanto dichiarato dalle autorità, Privacy Shield è in grado di ostruire siti sospetti entro 30 minuti dalla segnalazione, proteggendo così gli interessi economici delle emittenti e dei distributori legittimi. Nonostante le dichiarazioni di successo da parte dei suoi promotori, diversi commentatori ed esperti hanno espresso dubbi sulla reale efficacia e sull’impatto complessivo che Piracy Shield ha avuto sul panorama digitale.

Privacy Shield: un baluardo contro la pirateria online, ma con difetti non indifferenti

Uno degli ambiti che più riponeva fiducia nelle capacità di Privacy Shield era quello dello sport. Eventi sportivi di tutti i tipi sono continuamente oggetto di pirateria e vengono trasmessi da portali non ufficiali, che permettono agli utenti di aggirare i costi ben più alti delle piattaforme ufficiali. Secondo Luigi De Siervo, CEO della Serie A, il sistema avrebbe bloccato più di 10.000 siti in soli 60 giorni. A mettere in dubbio l’affidabilità di questo numero ci hanno pensato diversi commentatori, come la redazione di Tom’s Hardware e il blog TorrentFreak.

Le istituzioni affermano che Privacy Shield abbia bloccato oltre 10.000 siti pirata in due mesi – Informagiovanirieti.it

Secondo queste voci esperte, dovremmo infatti porci degli interrogativi più profondi sulla precisione del metodo impiegato da Privacy Shield e soprattutto sulla definizione stessa di “sito illegale”.

In effetti, il Commissario AGCOM, Massimo Capitanio, ha specificato che i dati includono 6123 FQDN (Fully Qualified Domain Name) e 3032 indirizzi IP, che non corrispondono necessariamente a siti web individuali. Questa distinzione è cruciale perché l’ostruzione di un FQDN può influenzare anche domini legittimi, causando interruzioni ingiustificate a operatori che agiscono nel rispetto delle leggi.

Un’altra problematica riguarda l’approccio utilizzato per il blocco rapido dei siti. Per raggiungere l’obiettivo di intervento entro 30 minuti, Piracy Shield spesso agisce con misure drastiche, che possono includere il blocco di interi segmenti di rete, rischiando di penalizzare anche utenti e servizi online innocui. Questa tattica, sebbene efficace nel breve termine per prevenire la trasmissione di eventi in diretta, ha sollevato questioni legali e etiche, in particolare per quanto riguarda il risarcimento dei danni a coloro che sono stati colpiti ingiustamente dalle misure.

In sintesi, la sua capacità di distinguere tra violazioni legittime e attività legali rimane un’area critica per miglioramenti futuri. Per garantire che sia veramente efficace e giusto, è essenziale un continuo esame e aggiustamento delle sue politiche e pratiche operative.

Paolo Pontremolesi

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