Un dipendente in malattia dovrebbe prestare attenzione a come si comporta, altrimenti può rischiare il licenziamento immediato.
Avere un lavoro non può che essere fondamentale, sia che si viva da solo, sia che si abbia una famiglia da mantenere, a maggior ragione in un periodo come questo in cui può essere difficile riuscire a trovarne uno. È proprio per questo che a volte si tende a essere diplomatici qualora si dovessero ricevere critiche dai colleghi.
È però altrettanto necessario che un dipendente in malattia si comporti in modo ligio alle regole, non solo facendosi trovare a casa negli orari in cui possono essere previste le visite fiscali per accertare la situazione. Anche quella che può sembrare una leggerezza può infatti comportare il licenziamento immediato.
È ovviamente pieno diritto dei dipendenti mettersi in malattia qualora dovessero avere un problema di salute. Non tutte le motivazioni costringono ovviamente a restare perennemente in casa, anche se è necessario esserlo qualora dovesse esserci un accertamento negli orari previsti.
Non è detto quindi sia raro incontrare in giro qualcuno che è stato esentato dal medico almeno per qualche giorno, ma ci sono dei comportamenti che potrebbero essere davvero deleteri per permettergli di mantenere il suo impiego. È quello che è accaduto a un 40enne assunto presso un’azienda metalmeccanica con contratto a tempo determinato, che poteva però contare su un certificato da parte del proprio dottore che gli permetteva di assentarsi per lombalgia acuta, termine “tecnico” con cui si definisce un forte mal di schiena. Evidentemente svolgere alcuni compiti richiesti alla sua mansione risultava essere troppo pesante quando il dolore era particolarmente forte.
Il datore di lavoro, forse non convinto di quanto da lui dichiarato, aveva però deciso di assumere un investigatore privato per accertarsi della situazione. Ed è stato in uno dei quei momenti che l’uomo è stato sorpreso mentre caricava delle casse d’acqua al supermercato, comportamento ritenuto incompatibile con la sua patologia.
In una prima fase è scattata così la sospensione con constatazione disciplinare, legata alla violazione degli obblighi di diligenza, fedeltà, correttezza e buona fede. A questo è poi seguito addirittura il licenziamento, che il lavoratore ha deciso però di impugnare, optando per una causa in Tribunale.
Pur sapendo di dover sostenere una spesa per una causa legale e di rischiare un insuccesso, il lavoratore non si è perso d’animo dopo la notifica del licenziamento, intenzionato a fare il possibile per ottenere ragione. E alla fine è quello che è accaduto: il Tribunale di Pavia ha chiesto di annullare la decisione, oltre a obbligare l’azienda a pagare le mensilità spettanti, fino alla conclusione del contratto.
Il giudice aveva infatti sottolineato come i suoi movimenti fossero limitati alle necessità quotidiane, oltre a una visita a un amico, ma negli orari in cui questo era concesso.
Nemmeno le visite fiscali davano ragione all’imprenditore, in tutte era emerso come la malattia fosse confermata. Per questo a lui sono stati poi notificati 7.600 euro di risarcimento.
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