Anche i conti di risparmio sono soggetti ai controlli del Fisco. Ecco i limiti da conoscere e rispettare per evitare gli accertamenti
Fino a che punto è possibile accumulare fondi in un conto di risparmio prima che l’Agenzia delle Entrate intervenga per riscuotere le tasse o avviare un accertamento? Gli italiani sono noti da sempre per la loro propensione al risparmio, motivo per cui molti optano per conti deposito o libretti di risparmio per proteggere i propri fondi. Se questi strumenti finanziari offrono sicurezza dai potenziali malintenzionati, lo stesso non si può dire per l’Agenzia delle Entrate, che non solo richiede il pagamento delle imposte sul risparmio, ma può anche verificare l’ammontare dei beni depositati per individuare eventuali discrepanze con le entrate dichiarate. Recentemente, la pressione fiscale sul risparmio, sia sotto forma di conti bancari che di investimenti, è notevolmente aumentata. Ogni somma derivante da risparmi detenuti in conti deposito, libretti di risparmio o conti correnti è soggetta a tassazione, così come qualsiasi altro profitto ottenuto attraverso diversi strumenti finanziari. Ma vediamo tutto quello che bisogna sapere sui limiti consentiti.
Anche per coloro che mettono da parte risparmi, la tranquillità è spesso disturbata. Quando si hanno fondi depositati o investiti, è inevitabile dover affrontare le tasse. La prima imposta applicata è l’imposta di bollo, che colpisce i conti correnti e i libretti di risparmio. Per i singoli contribuenti, l’imposta di bollo è dovuta quando la media dei fondi sul conto corrente o sul libretto di risparmio supera i 5.000 euro, e ammonta a 34,20 euro per ogni anno in cui la media supera tale importo. Per quanto riguarda i conti correnti e i libretti di risparmio delle società e delle associazioni, l’imposta di bollo è fissata a 100 euro, senza un minimo di media dei fondi.
Per calcolare la media dei fondi per l’applicazione dell’imposta di bollo, è necessario sommare tutti i saldi giornalieri e dividere il risultato per il numero di giorni considerati. Se la media supera i 5.000 euro, viene applicata l’imposta di bollo (2,85 euro per ogni mese in cui la media supera la soglia; alcuni istituti possono addebitare questa imposta trimestralmente, semestralmente o annualmente, a seconda delle condizioni contrattuali).
Quando si opta per un conto deposito come forma di risparmio, è importante considerare anche l’imposta di bollo, che non incide direttamente sui rendimenti. Si tratta di un’imposta indiretta calcolata sulla media del saldo del conto nell’arco dell’anno.
Va notato che non tutti i conti deposito prevedono questa imposta e alcuni istituti di credito scelgono di assumerne il costo come parte dell’offerta per i clienti. Per sapere se questa imposta è applicabile o meno, è consigliabile consultare direttamente la propria banca.
Nel caso in cui sia prevista l’imposta di bollo per il conto deposito, essa corrisponde allo 0,2% dell’importo vincolato ed è dovuta solo quando la media del saldo supera i 5.000 euro. A differenza di quanto avviene per il conto corrente e il libretto di risparmio, dove l’imposta di bollo non supera mai i 34,20 euro all’anno, per i conti deposito non esiste un limite massimo e l’imposta è calcolata in proporzione all’importo vincolato. Questa imposta si applica solo sulle somme vincolate, cioè quelle che il cliente non può utilizzare, e non incide sui rendimenti generati dagli interessi maturati.
Anche se negli ultimi anni gli interessi sui conti correnti e sui libretti di risparmio sono minimi, ogni interesse guadagnato è soggetto a una ritenuta fiscale del 26%. Nel caso del risparmio amministrato, la tassazione delle plusvalenze o dei capital gain è gestita dagli intermediari; quindi, il cliente riceve solo l’importo netto. Il 26% di tassazione si applica su qualsiasi guadagno ottenuto da obbligazioni, ETF, azioni e fondi. È importante notare che questa tassazione si applica anche sugli interessi generati dai conti correnti, dai libretti di risparmio e dai conti deposito.
Per quanto riguarda gli investimenti in titoli di Stato, la tassazione è agevolata e prevede un’aliquota del 12,5%. Questa tassazione si applica sulle plusvalenze ottenute da Bot, Btp, Cct e Ctz.
Il Fisco ha accesso a una serie di rapporti finanziari, tra cui conti correnti, conti deposito, libretti di risparmio, titoli e obbligazioni, per individuare eventuali casi di evasione fiscale. È importante prestare attenzione alle somme depositate: non è rischioso accumulare un risparmio consistente nel tempo, purché i depositi siano in linea con le entrate dichiarate.
Ad esempio, se si guadagnano 30.000 euro all’anno, è sospetto che 20.000 euro siano destinati al risparmio. Ciò non vieta di depositare i 20.000 euro, ma è necessario essere in grado di giustificare tale importo in caso di controlli da parte del Fisco.
Il nuovo strumento messo in campo per individuare comportamenti scorretti è l’Anonimometro, che incrocia i dati finanziari con quelli posseduti dal Fisco in modo anonimo. Questo strumento estrae i dati del contribuente solo in caso di anomalie.
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