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Lavoro

Lavoro, le foto e i post pubblicati sui social possono far cambiare idea ai recruiter

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Andrea Zoccolan

Non solo il curriculum vitae, oggi i recruiter per valutare un candidato per un lavoro guardano anche la sua vita online.

Un’indagine condotta da Adecco su un campione di 500 selezionatori ha rilevato che per trovare lavoro non è più sufficiente presentare solo il curriculum vitae; il 51% del campione (rispetto al 31% di qualche anno fa) esamina anche i profili sui social network. Non solo Linkedin: per comprendere la personalità del candidato, anche foto inappropriate o commenti discriminatori hanno un peso sempre maggiore.

Non solo curriculum

In passato, la ricerca di lavoro si basava esclusivamente sul curriculum. Oggi, oltre al curriculum, si considerano anche i social network. Una parola arcaica, latina, e una moderna, inglese, definiscono le pratiche di ricerca dei selezionatori italiani. Secondo uno studio condotto da Adecco, la principale agenzia per il lavoro nel nostro Paese, oltre la metà dei recruiter non si limita più al curriculum vitae, ma cerca informazioni anche dai profili personali dei candidati sul web: in particolare, si lascia influenzare negativamente da post, foto, commenti online. Chi aspira a un lavoro rischia quindi di perdere opportunità.

Foto | fauxels @Canva – informagiovanirieti.it

Oggi il 51% dei selezionatori dichiara di aver cambiato idea in senso negativo dopo aver controllato i social network: una tendenza in netto aumento, considerando che una ricerca simile condotta tre anni fa mostrava solo un 31% di tale comportamento, e dieci anni fa solo il 12%. Se è comprensibile che vengano cercate informazioni professionali su Linkedin, il social network nato appositamente per condividere dati ed esperienze lavorative (utilizzato dal 96% dei recruiter), ora la ricerca si è estesa e soprattutto il tipo di controllo ha subito una trasformazione: si cerca di comprendere la personalità del candidato attraverso foto, post e commenti lasciati anche su altri social network.

Ecco perché foto considerate inappropriate (37%), o commenti dal tono discriminatorio (17%), possono pesare, e ormai pesano, più delle esperienze lavorative elencate in un curriculum vitae. La realtà digitale, che comunemente consideriamo virtuale, ha sempre maggiore impatto sulla vita reale, di cui ormai è parte integrante. E può costare opportunità di lavoro.

Il parere degli esperti

Secondo la people advisor director di Adecco Italia Lidia Molinari, intervistata da Il Sole 23 Ore: “L’utilizzo dei social media da parte dei candidati influenza sempre più le decisioni di reclutamento. I dati ci dimostrano che il social screening è uno strumento decisivo nel processo di selezione per oltre la metà dei recruiter, che sfruttano i social media non solo per la ricerca dei talenti, ma anche per la verifica dei candidati. Perciò consigliamo a chiunque sia alla ricerca di una opportunità lavorativa, lo sviluppo di un personal branding sui social che tenga conto della selezione dei contenuti prima che essi vengano pubblicati e di porre attenzione alle modalità di interazione in rete”.

Elisa Fagotto,  Candidate Manager di Openjobmetis, si è espressa così ai microfoni di Sky TG24: “Nella nostra attività quotidiana di reclutamento, la ricerca attiva che svolgiamo sui social e nelle community group non ha l’obiettivo di giudicare i contenuti postati o i profili personali, ma quello di incontrare quel ‘candidate personas’ (il ritratto del candidato ideale per una determinata posizione lavorativa, ndr) che è in questo contesto, e comprendere come arrivare meglio a questo target nel proporre sempre nuove opportunità di lavoro”.

Andrea Zoccolan

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