Anche i papà hanno diritto a diversi bonus economici. Vediamo tutte le loro caratteristiche e come capire a chi spettano
Il bonus padri fino a 3.350 euro annuali è una forma di supporto alla genitorialità fornita dallo Stato ai genitori, inclusi i papà. In passato, soprattutto in situazioni di separazione o divorzio, i padri spesso si trovavano esclusi da tali benefici per i figli a loro carico. Tuttavia, negli ultimi anni, le normative hanno garantito un trattamento paritario ai genitori anche riguardo ai sostegni familiari. Vediamo quali sono i bonus che possono portare fino a 3.350 euro l’anno per i padri e le modalità per ottenerli.
In passato, solo uno dei due genitori poteva ottenere gli assegni familiari per i figli, con la madre che ne beneficiava più spesso in caso di separazione. Tuttavia, l’introduzione dell’assegno unico ha cambiato le regole, consentendo sia ad uno che ad entrambi i genitori di riceverlo equamente. Inoltre, il genitore che non fa richiesta può autonomamente impostare il pagamento al 50%, senza bisogno dell’approvazione dell’altro. Questo rappresenta un vantaggio economico significativo per i padri, poiché ora entrambi i genitori possono percepire il 50% dell’importo dovuto per il figlio. Se l’Isee del nucleo familiare del figlio è inferiore a 17.090,61 euro, l’assegno mensile per il 2024 sfiora i 200 euro, consentendo ai padri di ottenere quasi 100 euro al mese, ovvero 1.200 euro all’anno.
I padri hanno diritto al 50% dell’assegno unico, ma è possibile anche che un genitore decida di concedere all’altro il pieno importo dell’assegno per i figli.
Un’altra prestazione a cui i padri hanno diritto sono le detrazioni per i figli a carico. Anche in questo caso, il 50% delle agevolazioni spetta di diritto, ma i genitori possono decidere di concedere le detrazioni solo a uno di loro, di solito a chi ha una maggiore capacità fiscale. Tuttavia, per le detrazioni, c’è da considerare che non possono essere cumulate con l’assegno unico: fino ai 21 anni dei figli beneficiari dell’assegno unico, le detrazioni per i figli a carico non sono applicabili. Si tratta quindi di un sostegno economico alternativo a quello dell’assegno unico. La massima detrazione teorica per ogni figlio a carico è di 950 euro: se i genitori optano per il 50%, ognuno avrebbe diritto a 475 euro all’anno.
La detrazione per i figli a carico può essere richiesta direttamente al datore di lavoro tramite la busta paga mensile, oppure può essere richiesta come conguaglio durante la dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui ci siano due figli, uno con meno di 21 anni beneficiario dell’Assegno Unico Universale (AUU) e uno con più di 21 anni senza diritto all’AUU, la detrazione per i figli a carico può essere sommata all’assegno unico. In questa situazione, i genitori possono usufruire di entrambi i benefici: l’assegno unico per un figlio e le detrazioni per i figli a carico per l’altro.
Se i genitori concordano che il padre usufruisca delle detrazioni per il figlio maggiore di 21 anni e che anche l’assegno unico per il figlio minore di 21 anni sia percepito interamente dal padre, il beneficio totale per il padre per entrambi i figli sarà di 3.350 euro. Questo è un caso eccezionale che si verifica quando ci sono due figli a carico (uno minore di 21 anni e uno più grande) e i genitori concordano che solo il padre riceva i sostegni statali per i figli.
Va tenuto presente che la cifra menzionata non rappresenta un limite, poiché il bonus potrebbe essere ancora più elevato: un padre con figli a carico potrebbe richiedere anche detrazioni per le spese sostenute per i figli, come quelle per istruzione, cure mediche, attività sportive o trasporto pubblico. Tuttavia, poiché questi importi dipendono dalle spese effettivamente sostenute, non sono stati inclusi nel calcolo del bonus massimo. È importante notare che anche queste detrazioni possono essere divise equamente tra i genitori o assegnate a uno solo di essi.
Il padre che lavora come dipendente ha diritto a una serie di permessi, alcuni retribuiti, da utilizzare in situazioni in cui è necessario occuparsi della famiglia, specialmente dei figli. Nel corso degli anni, i padri hanno ottenuto più strumenti per garantire il loro diritto alla genitorialità, come il congedo di paternità obbligatorio, ora esteso a 10 giorni.
Tuttavia, rimane una significativa disparità rispetto alle madri lavoratrici, che sono obbligate a fermarsi per 5 mesi, da utilizzare prima (massimo 2 mesi) o dopo il parto. Di conseguenza, da tempo c’è un dibattito sull’opportunità di estendere ai padri la possibilità di usufruire dei 5 mesi di congedo obbligatorio, eventualmente in alternativa alla madre.
Oltre all’assegno unico e alle detrazioni per i figli a carico, i padri possono beneficiare di altri sostegni previsti dalla legge. I padri che lavorano hanno diritto, proprio come le madri, a una serie di permessi che possono richiedere in situazioni particolari legate ai figli. Sebbene in passato questi congedi e permessi fossero principalmente rivolti alle madri, negli anni si è registrato un aumento delle protezioni per i padri. Infatti, anche i padri hanno diritto a un congedo alla nascita dei figli, sebbene più breve di quello di 5 mesi spettante alle madri che hanno portato avanti la gravidanza e dato alla luce il bambino. Il congedo di paternità obbligatorio dura 10 giorni e può essere usufruito anche in modo frazionato tra i 2 mesi precedenti la presunta data di nascita e i 5 mesi successivi alla nascita del bambino. Durante tutto questo periodo, il padre riceve una retribuzione al 100%.
Inoltre, il padre può usufruire del congedo parentale fino al raggiungimento dei 12 anni del figlio. Questo congedo, condiviso con la madre, non può superare complessivamente i 10 mesi (11 mesi nel caso in cui il padre abbia già usufruito di almeno 3 mesi di congedo). Durante il congedo parentale, la retribuzione è pari al 30%, con alcune eccezioni in cui il primo mese può essere retribuito all’80%. Inoltre, al padre spettano anche permessi per l’allattamento, da utilizzare in giornate diverse da quelle richieste dalla madre, con una durata di 2 ore al giorno per chi lavora a tempo pieno e 1 ora al giorno per chi ha un contratto part-time.
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