La salute fisica, ma anche psicologica, di ogni dipendente, deve essere una delle priorità del datore di lavoro. Ecco perchè, infatti, potrebbe essere responsabile anche in casi diversi dal mobbing.
Lo stress sul luogo di lavoro è un tema di crescente rilevanza, tanto che la Cassazione, attraverso diverse sentenze recenti, ha posto l’accento sulla responsabilità dei datori di lavoro nei confronti dei danni derivanti dallo stato psicofisico dei dipendenti, anche in assenza di comportamenti di mobbing specifici.
La Corte Suprema di Cassazione, sezione lavoro infatti, ha recentemente emesso sei sentenze che pongono sotto la lente d’ingrandimento la responsabilità dei datori di lavoro riguardo all’eccessivo lavorativo. In queste sentenze, si sottolinea la necessità per i giudici del lavoro di esaminare eventuali violazioni da parte dell’azienda in materia di salute e sicurezza sul lavoro, per preservare al meglio la salute psicofisica del dipendente.
In particolare, si richiede di indagare su vari aspetti, tra cui se il dipendente abbia lavorato in un ambiente stressante o conflittuale, se abbia subito danni a causa di tale ambiente e se l’azienda abbia adottato adeguate precauzioni per prevenire o mitigare tali condizioni lavorative dannose, come prescritto dall’articolo 2087 del Codice Civile. Un esempio significativo è la sentenza n. 3791 del 12 febbraio 2024, in cui la Corte si è pronunciata su una lavoratrice che aveva citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione, lamentando comportamenti mobbizzanti da parte di un collega. Sebbene i tribunali di merito avessero respinto la sua richiesta per mancanza di prove del mobbing, la Suprema Corte ha evidenziato l’obbligo del datore di lavoro di prevenire situazioni di stress nocivo sul luogo di lavoro, anche se non direttamente riconducibili al mobbing.
Le sentenze enfatizzano che la responsabilità dell’azienda, in base all’articolo 2087 del Codice Civile, non necessita di azioni dannose intenzionali, ma si configura anche nel caso in cui l’azienda non abbia impedito condizioni lavorative stressanti che potrebbero nuocere alla salute dei dipendenti. È quindi cruciale valutare il rischio correlato allo stress lavorativo nel contesto della valutazione complessiva dei rischi aziendali, come richiesto dal testo unico sulla sicurezza. Questo permette di sottolineare ancora l’importanza per i datori di lavoro di aggiornare periodicamente la valutazione dei rischi e di attuare meccanismi per individuare e affrontare prontamente situazioni problematiche sul luogo di lavoro, al fine di garantire un ambiente lavorativo ottimale per la salute psicofisica dei dipendenti.
Il termine mobbing si riferisce a una forma di molestia o violenza psicologica sul luogo di lavoro, caratterizzata da comportamenti ostili, ripetitivi e intenzionali, diretti da uno o più individui verso un’altra persona. Questi comportamenti possono includere intimidazioni, discriminazioni, isolamento sociale, critiche costanti, umiliazioni pubbliche, sabotaggi lavorativi e altro ancora.
Il mobbing può avere gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica della vittima, causando stress, ansia, depressione, problemi di concentrazione, disturbi del sonno e altre condizioni mediche. È importante distinguere il mobbing dal conflitto normale sul luogo di lavoro, poiché il mobbing implica un disequilibrio di potere e una coercizione sistematica da parte degli aggressori nei confronti della vittima.
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