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Lavoro

L’inflazione e il carovita spingono due italiani su tre a cambiare lavoro

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Giuliana Presti

Qual è l’impatto dell’inflazione sul mercato del lavoro? Secondo i risultati della ricerca l’aumento dei prezzi dei beni e servizi e del costo della vita spinge due italiani su tre a cambiare lavoro

L’inflazione e l’aumento del costo della vita stanno influenzando tanto le decisioni degli italiani per quanto riguarda la loro sfera lavorativa. Randstad, agenzia che fornisce servizi legati al lavoro, ricerca e selezione personale e programmi formativi, ha svolto una ricerca sull’impatto dell’inflazione sui lavoratori e su cosa cambia per i professionisti. L’inflazione non ha cambiato soltanto le abitudini di acquisto ma anche il modo in cui le persone percepiscono la propria sfera professionale. La ricerca ha coinvolto 764 lavoratori in Italia tra i 18 e i 67 anni, con 26.800 interviste svolte a livello globale. “Il nostro osservatorio ci conferma che oggi i lavoratori sono maggiormente consapevoli di ciò a cui ambiscono nella loro vita professionale e sempre più attenti alla ricerca di un’occupazione che sia per loro sostenibile, sia dal punto di vista economico che organizzativo”, ha affermato Valentina Sangiorgi, chief hr officer Randstad.

I risultati dell’analisi

Qual è l’impatto dell’inflazione sul mercato del lavoro? Secondo i risultati della ricerca l’aumento dei prezzi dei beni e servizi e del costo della vita spinge due italiani su tre a cambiare lavoro. Il 73% dei lavoratori si sta muovendo in modo proattivo per far fronte all’aumento del costo della vita e il 13% sta considerando la possibilità di licenziarsi per trovare una posizione che garantisca una retribuzione più alta. Sono in particolare i lavoratori appartenenti alla Gen-Z (26%) e dai Millennials (22%) a dichiarare di essere insoddisfatti.

Lavoro | unsplash @Icons8Team – Informagiovanirieti.it

Secondo i dati Istat, l’indice dei prezzi al consumo in Italia (a Gennaio 2024) è cresciuto del +0,8% su base annua, anche se, tra i paesi europei, il nostro paese, insieme alla Danimarca, registra uno dei tassi d’inflazione più bassi rispetto agli altri paesi dell’eurozona (2,8% a Gennaio 2024)“, si legge nel sito di Randstad. L’11% preferisce rimandare eventuali cambiamenti a un momento più stabile.

Solo 4 persone su 10 affermano di aver ricevuto supporto dalle proprie aziende nell’ultimo anno. Un dato in calo rispetto al 2022. Un terzo ha percepito un aumento di stipendio o bonus negli ultimi sei mesi. Solo il 23% ha ricevuto più misure di sostegno per le famiglie (assistenza all’infanzia o congedi parentali). Questo ha spinto molti italiani (72%), in particolare la Gen-Z e i Millennials, a cercare soluzioni proattive per contrastare l’impennata dei prezzi e la diminuzione del potere di acquisto“, continua la nota. Solo il 38% dichiara di aver ricevuto un supporto da parte del proprio datore di lavoro.

Il 22% degli intervistati si è dichiarato preoccupato di non riuscire a crescere professionalmente e il 19% non si sente sicuro del proprio posto di lavoro.

Cosa pensano i lavoratori dello smart working?

Cosa pensano i lavoratori dello smart working? Il 31% degli intervistati non lavora da casa ma lo preferirebbe. Il 10% degli italiani preferisce recarsi in ufficio per evitare i costi dell’energia. “In generale, per gli italiani la flessibilità rimane un fattore fondamentale: lavorare prevalentemente in ufficio è la soluzione preferita, ma non 5 giorni su 5. Idealmente, lo farebbe solo il 29% degli intervistati, mentre il 41% opterebbe per un’equa alternanza tra lavoro da remoto e in presenza. Una possibilità di scelta non così scontata: il 38% afferma che la propria azienda non offra sufficiente flessibilità per lo smart working, e nel 34% dei casi i datori di lavoro richiedono la presenza in ufficio con maggiore costanza. Rispetto al 2022, infatti, cala la flessibilità in termini di orario di lavoro (-1%) e in termini di ubicazione (- 2%)”, si legge nel sito dell’agenzia.

Giuliana Presti

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