E se il lavoro diventasse talmente costoso da doverci rinunciare? Ecco cosa sta succedendo ai giovani lavoratori nel nostro Paese
Sembra assurdo ma è proprio vero, a volte i costi relativi al lavoro sono talmente alti che lo stipendio non basta più e la decisione è una sola: dare le dimissioni.
Questo avviene soprattutto per i giovani appartenenti alla Generazione Z, che addirittura si trovano a dover rinunciare ad un posto di lavoro prima ancora di cominciare, a causa dei costi di spostamento troppo elevati.
In questo articolo, cercheremo di entrare nel cuore del problema e capire quali potrebbero essere delle soluzioni efficaci per fare fronte al problema.
Vita troppo costosa e stipendi insufficienti
Secondo una ricerca condotta da Prince’s Trust su oltre 2000 giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni, sarebbe proprio l’aumento del costo della vita a rappresentare l’ostacolo principale nell’accettare o meno un posto di lavoro.
Facciamo un esempio concreto per fare capire meglio il problema: immaginate un giovane di 20 anni che vuole cominciare a lavorare ma, presumibilmente, uno stipendio non lo ha mai ricevuto e quindi non ha nulla da parte.
Per poter raggiungere, ogni giorno, il posto di lavoro dovrebbe spendere parecchio per i mezzi pubblici o addirittura dover acquistare un’ auto se il posto di lavoro si trova in un’area non servita da mezzi. E, quindi, pagare per la benzina, la manutenzione dell’auto, l’assicurazione ecc.
Capite bene che l’investimento che gli costerebbe accettare questo posto di lavoro, non sarebbe all’altezza dell’ipotetico stipendio che arriverebbe a prendere, soprattutto se pensiamo alla situazione italiana, dove gli stipendi medi sono fermi al palo da oltre 30 anni, e sono tra i più bassi a livello europeo.
Molti dubbi, poche certezze, e un ostacolo troppo alto da superare: il capitale necessario anche solo per arrivare al lavoro ogni giorno.
Più ore di viaggio che di lavoro
A dare manforte a questa teoria legata al rifiuto del posto di lavoro a causa dell’elevato investimento economico, ci pensano i dati sui pendolari in Italia.
Secondo una ricerca condotta da Censis-Michelin, un pendolare tipo nel nostro Paese percorre una media di 28,8 km al giorno, impiegando circa un’ora per andare al lavoro ogni giorno.
Questi dati confermano come il tragitto rimanga un problema ingente, soprattutto per i giovani che, spesso, non hanno nulla da parte e si trovano a dover sostenere delle uscite prima ancora di avere delle entrate fisse.
Poca fiducia verso il futuro
Un altro fattore da considerare quando si parla di Generazione Z e mondo del lavoro, è il forte senso di insicurezza e precarietà che suscita nei giovani la mancanza di una stabilità economica raggiungibile.
I giovani di oggi hanno perso fiducia nel denaro ma, prima ancora, nel futuro e nella possibilità concreta di poter costruire una carriera: il solo pensiero del denaro suscita in loro uno stato di ansia e stress e la sensazione che non potranno mai raggiungere una stabilità o un’ indipendenza economica.
Questo stato di ansia si riscontra soprattutto nelle donne: il 60% pensa che i costi aumenteranno progressivamente, allontanando sempre di più l’agognato benessere economico, e la metà di loro crede che non potranno mai avere una loro famiglia per questo motivo.
E se pensiamo a quanto sono diminuiti i numeri di bambini nati nel nostro Paese, abbiamo una conferma che questo senso di insicurezza e questa precarietà economica sta influenzando molte coppie nella scelta di non avere figli.
La disoccupazione fa male alla salute mentale?
Si parla spesso dei disturbi psicologici legati all’ambiente di lavoro, giusto per citarne alcuni: burnout, stress, ansia, mancanza di soddisfazione ecc. Eppure, anche non avere un impiego, e vivere questa condizione con livelli di ansia elevati, può provocare disturbi ugualmente deleteri per il benessere psicologico.
I disturbi psicologici più comuni in soggetti disoccupati sono:
- Ansia
- Attacchi di panico
- Disturbi del donno
- Depressione
Si cade, così, in un circolo vizioso in cui la sensazione di aver fallito e di non aver obiettivi fa in modo che non si cerchino effettive soluzioni per poter uscire da questo limbo di negatività.
Anche il pendolarismo, a sua volta, può provocare numerosi disturbi psicologici, questo a causa delle sveglie presto e quindi della riduzione delle ore di sonno, ma non solo: se la giornata lavorativa di una persona, in media, dura otto ore, per i pendolari la giornata lavorativa arriva anche a 12 ore se consideriamo il tragitto per tornare a casa, e questo toglie la possibilità di potersi godere il proprio tempo libero o la propria vita privata.
Cosa fare per migliorare la situazione?
Le iniziative che possono essere portate avanti per aiutare i giovani a superare l’ostacolo dei costi relativi al tragitto casa-lavoro sono:
- Maggiori agevolazioni per i dipendenti: le aziende dovrebbero attivarsi per poter garantire un rimborso spese adeguato a chi deve fare molta strada per recarsi sul posto di lavoro, questo potrebbe fare la differenza, soprattutto per i giovani.
- Mettere a disposizione un’auto aziendale o un servizio navetta: forse meno attuabili del primo punto, sono comunque delle soluzioni che si possono implementare a livello aziendale.
- Consentire lo smartworking per più giorni a settimana: permettere ai dipendenti di lavorare da casa, garantisce un risparmio sia economico che di tempo per i lavoratori, ed è statisticamente dimostrato che lavorare da casa non influisce negativamente sul rendimento, anzi.
Oltre a questi tre interventi per cercare di aiutare i pendolari, ci sono molte iniziative attuabili invece a livello governativo riguardanti l’aumento del salario, il riconoscimento di una retribuzione adeguata anche per gli stage o i contratti di apprendistato, e così via. Eppure, questa dimensione è sicuramente più ostica e, realisticamente parlando, meno semplice da portare a termine nell’immediato.
In conclusione, possiamo dire che i giovani di oggi per affacciarsi al mondo del lavoro, non possono partire da zero a livello economico, e l’unica soluzione per fare in modo che non rinuncino in partenza a un posto di lavoro, è andare loro in contro con delle agevolazioni legate alla mobilità.