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Lavoro

Great Gloom: ecco cosa spinge i giovani a lasciare il lavoro

Published by
Alessia Barra

Sempre più giovani abbandonano il posto di lavoro a causa del Great Gloom, scopriamo di cosa si tratta e perché sta dilagando

Great Gloom significa grande tristezza, ed è un sentimento che sta tenendo sotto scacco le nuove generazioni, soprattutto quando si parla di carriera lavorativa. I giovani di oggi si sentono sempre più ingabbiati tra le rigide sbarre di un lavoro che non li soddisfa e non lascia loro il tempo di godersi la vita.

Questa sensazione di soffocamento e di insoddisfazione, porta sempre più giovani a decidere di fare scelte drastiche come quella di licenziarsi.

In passato, il licenziamento veniva visto come una sconfitta personale, un evento da evitare a tutti i costi per poter preservare la sicurezza economica. Oggi, invece, le nuove generazioni lo vivono come una liberazione, come una fuga da quella prigione che non consente loro di vivere la vita come vorrebbero.

Scopriamo di più su questo sentimento di insoddisfazione e cerchiamo di capire come il mondo del lavoro sta reagendo al picco di licenziamenti e infelicità.

Dalla grande bellezza alla grande tristezza

Quando si comincia un nuovo percorso lavorativo di solito c’è entusiasmo e voglia di mettersi in gioco. Ma per la Generazione Z, questo entusiasmo si trasforma presto in tristezza e profondo senso di insoddisfazione.

Chiunque dica che il lavoro non deve essere un divertimento ma unicamente un modo per pagare le bollette ha ragione solo in parte. Infatti, per quanto lo stipendio fisso sia sicuramente un fattore importante da considerare, anche il benessere mentale dei lavoratori va preservato.

O almeno così la pensano la maggior parte dei giovani di oggi, che si dimostrano più coraggiosi dei loro genitori. A differenza loro, infatti, sanno dire basta quando sentono che il loro benessere psicofisico comincia a cedere e spezzarsi sotto il peso di un lavoro soffocante.

Ma adesso parliamo di numeri e scopriamo a quanto ammonta il tasso di soddisfazione, o meglio di insoddisfazione nel nostro Paese.

Great Gloom: i numeri parlano chiaro

Lo smart working migliora la motivazione – Unplash – informagiovanirieti.it

 

Secondo la ricerca Employee Happiness Index, da giugno 2020 c’è stato un calo drastico della soddisfazione dei dipendenti verso il proprio lavoro, che ha toccato il -16%.

A cosa è dovuto questo calo così importante? Le variabili da tenere in considerazione sono molteplici, prima tra tutte è la variabile Covid-19. La pandemia ha portato con sé nuove abitudini di lavoro, e se da un lato ha complicato la vita alle aziende, è stata anche l’occasione di introdurre nuove modalità di lavoro come lo smart working. Queste nuove modalità hanno fatto assaggiare alle persone una dose di flessibilità lavorativa e libertà mai vissute prima.

Il ritorno alla normalità è stato un duro colpo, a cui molte persone hanno reagito con il licenziamento. Nel 2023 i punteggi di soddisfazione generale per il proprio lavoro sono scesi dell’11% dimostrando che le persone non sono più felici di alzarsi ogni mattina per andare in ufficio.

L’equilibrio tra vita privata e lavoro viene sempre più messo in discussione, e se prima della pandemia la problematica veniva accantonata, dopo mesi di lavoro da casa le persone non sono più disposte a scendere a compromessi.

Per non parlare del fattore stipendi, altro tasto dolente per i dipendenti italiani. Infatti, un dipendente italiano guadagna quasi 15mila euro l’anno in meno rispetto a un collega tedesco e quasi la metà di un collega americano.

Tutti questi elementi stanno portando a una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro, guidata da chi ha deciso di mettere la propria felicità e la propria salute mentale prima della carriera, ovvero dalla Generazione Z.

I giovani non ci stanno, vogliono un un miglior bilanciamento tra vita privata e lavoro

Come anticipato in precedenza, questa ventata di cambiamento si nutre del coraggio e della determinazione delle nuove generazioni, che hanno un approccio al lavoro molto diverso rispetto a quello dei loro genitori o dei loro nonni.

Spesso questo approccio viene etichettato come “poca voglia di fare” o come “pigrizia”, eppure è davvero così? Accettare di fare per tutta la vita un lavoro che ci fa sentire in gabbia non sembra decisamente una prospettiva migliore… forse è meglio essere pigri ma felici, piuttosto che crogiolarsi nel posto fisso ma piangere ogni sera prima di addormentarsi.

A parlare pubblicamente del Great Gloom è stata una ragazza americana di nome Brielle Asero su Tik Tok. La 21enne è diventata virale sulla piattaforma social con un video di poco più di un minuto, in cui racconta in lacrime di quanto il lavoro la stia lentamente consumando:

“È il mio primo lavoro dopo il college. Salgo sul treno alle 7.30 e non torno a casa prima delle 18.15. Non ho il tempo né l’energia di fare nulla. Quando arrivo a casa voglio lavarmi, mangiare e andare a dormire. Non ho voglia di cucinarmi la cena o di fare sport. Il turno 9-17 è folle, come si possono avere amici, appuntamenti? Non ho tempo per dedicarmi ad altro che non sia lavorare e riposare”.

Brielle Asero racconta in lacrime la sua esperienza lavorativa – Tik Tok: @brielleybelly123 – informagiovanirieti.it

Il video ha ottebuto oltre 3 milioni di visualizzazioni e, come potete immaginare, ha scatenato un ampio dibattito.

Sappiamo già cosa penseranno i più adulti: “Cosa ne vuole sapere lei di stanchezza che ha appena iniziato a lavorare, io alla sua età facevo 12 ore al giorno”. Eppure è proprio questo il punto.

Per anni il mondo del lavoro ha tenuto sotto scacco generazioni e generazioni di lavoratori pronti a rinunciare alla propria vita privata per arrivare a fine mese. Ma questo modus operandi, globalmente accettato e considerato un sacrificio necessario dai più, non è un atteggiamento da ammirare, ma un problema da risolvere.

Questa tendenza andrebbe invertita per garantire alle persone un giusto bilanciamento tra vita privata e lavoro: solo in questo modo il tasso di insoddisfazione diminuirebbe. Soltanto così le aziende comincerebbero ad avere dei dipendenti motivati, piuttosto che persone disposte a fare lo stretto necessario unicamente per conservare il famigerato “posto fisso”.

La risposta delle aziende al Great Gloom

Il giusto bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa – Unsplash – informagiovanirieti.it

 

L’unico modo per combattere il Great Gloom è pensare al benessere dei propri dipendenti in modo olistico e mettere al primo posto il loro benessere mentale. Per farlo non basta concedere pause di 10 minuti in più o creare una bella palestra aziendale, bisogna pensare alla loro vita privata.

Fare investimenti in macchinette del caffè nuove per la sala pause non farà sentire le persone più motivate. Ciò che può davvero fare la differenza è concedere loro il tempo di vivere la loro vita.

Secondo lo studio condotto da BambooHR, nel 2023 il 18,2% delle aziende ha deciso di attivarsi in merito a questa problematica e anche alcuni grandi gruppi stanno attuando cambiamenti importanti in ottica Welfare. Ne sono un esempio il possibile inserimento della “settimana corta”, ovvero diminuire le giornate di lavoro da cinque a quattro a settimana.

Luxottica ha deciso di proseguire in questa direzione, consentendo si propri dipendenti di lavorare 20 giornate in meno ogni anno. Lamborghini, invece, garantirà l’alternanza di settimane lavorative da cinque e da quattro giorni.

Si tratta di esperimenti per trovare la soluzione più adatta a contrastare l’insoddisfazione lavorativa e motivare nuovamente i giovani a vivere il mondo del lavoro con entusiasmo.

 

 

In un mondo ideale ci alzeremmo la mattina felici di andare al lavoro. In un mondo realistico nessuno dovrebbe tornare a casa in lacrime a fine giornata.

Le nuove generazioni pretendono un migliore bilanciamento tra vita privata e lavoro e, a differenza di chi li ha preceduti, non sono disposti a scendere a compromessi quando si parla del loro futuro e della loro felicità.

Voi genitori siate orgogliosi invece di lamentarvi: avete cresciuto persone sufficientemente coraggiose da non farsi andare bene ciò che voi stessi avete sempre accettato.

Alessia Barra

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