A che cosa ci si riferisce quando si parla di prestazione occasionale? In quali casi questa forma di contratto è accettata dalla legge italiana? Che differenze ci sono tra collaborazione occasionale e lavoro autonomo occasionale? Proviamo a fare chiarezza, trovando una risposta a queste domande
Nel Paese per eccellenza della burocrazia, l’Italia, talvolta può capitare di sentirsi confusi quando si parla di contratti di lavoro, dal momento che spesso molti risultano simili nell’essenza, ma abbastanza differenti nella forma.
Per questo, oggi ci soffermeremo sulla cosiddetta “prestazione occasionale”, cercando di capire a che cosa ci si riferisce quando si utilizzano queste due parole e quali sono le caratteristiche principali che la differenziano da altri tipi di contratti di lavoro.
È necessario aprire una partita iva? Quali parametri bisogna rispettare? Rispondiamo alle domande più frequenti.
In Italia si parla di prestazione occasionale quando ci si riferisce a quei lavoratori che intraprendono un’attività professionale in modo sporadico, ovvero non continuativo.
Ciò significa che i lavoratori in questione sono esonerati per legge dall’apertura della partita iva, la quale è necessaria invece per i liberi professionisti che esercitano la propria professione in formula abituale e continuativa.
La prestazione occasionale consente al lavoratore di ricevere dei compensi modesti, i quali devono obbligatoriamente rientrare in limiti economici e rispettare dei divieti nell’anno civile in corso, ovvero dal 1° gennaio al 31 dicembre (anno solare, ndr).
Un aspetto primario della prestazione occasionale è proprio il guadagno percepito dal lavoratore, il quale deve essere modesto, non richiedendo quindi l’avvio di una vera e propria attività professionale, con conseguente apertura della partita iva.
È quindi opportuno specificare che la prestazione occasionale non è in alcun modo un’alternativa all’apertura della partita iva che non richieda adempimenti fiscali.
Un contratto di prestazione occasionale può legarsi soltanto a un’attività svolta saltuariamente, mentre il caso contrario – la continuità – obbliga all’apertura della partita iva.
Per fare ulteriore chiarezza, molto importante è anche capire la differenza che esiste tra la prestazione di lavoro occasionale e il lavoro autonomo occasionale.
La prima riguarda specificatamente quelle attività legate a tipologie di lavoro subordinato, in cui il committente stabilisce il lavoro, instaurando così un rapporto di dipendenza.
All’atto pratico la prestazione di lavoro occasionale può essere esercitata in presenza di un contratto di prestazione occasionale alle dipendenze di altri e i redditi prodotti rientrano nei redditi da lavoro autonomo.
La prestazione di lavoro autonomo occasionale o le collaborazioni occasionali (quelle consentite anche per il pensionato con la quota 100, 102 e 103, ndr) riguardano invece le tipologie di lavori intellettuali, come la scrittura e la consulenza.
In questo caso specifico, parliamo quindi di prestazioni professionali a carattere intellettuale e che riguardano solo e soltanto quei lavoratori che non appartengono ad alcun albo professionale con obbligo di iscrizione.
Si definisce quindi lavoratore autonomo occasionale colui che, dietro compenso, offre un servizio senza essere però soggetto ad alcun rapporto di subordinazione e coordinamento da parte del committente che ha richiesto la sua opera.
Anche in questo caso, ovviamente, la collaborazione non deve prevedere un’abitualità e una continuità, con i redditi prodotti che rientrano nei cosiddetti redditi diversi.
La prestazione occasione è una tipologia di contratto che in Italia si rivolge a molteplici categorie di utilizzatori, come i lavoratori autonomi, i professionisti, gli imprenditori, le imprese agricole, le associazioni, le fondazioni, gli enti di natura privata, le onlus, le aziende alberghiere e ricettive del turismo e le pubbliche amministrazioni o gli enti locali.
Chi rientra in queste categorie lavorative può richiedere dunque prestazioni di lavoro occasionale, sempre rispettando però i parametri imposti dalla legge italiana.
Ci riferiamo a quei limiti stabiliti che valgono per tutto l’anno civile in corso (dal 1° gennaio al 31 dicembre, ndr) e che variano in base al prestatore, all’utilizzatore e alle prestazioni offerte.
Nello specifico, nel 2024 i prestatori di lavoro autonomo dovranno rispettare il limite massimo di 5.000 euro per quanto riguarda i compensi complessivi annui.
Per ogni utilizzatore, inoltre, il limite massimo dei compensi per la totalità dei prestatori non potrà superare la cifra dei 10.000 euro l’anno, con le sole società sportive escluse da tale limite.
Non solo. Resta anche il limite di 2.500 euro per il prestatore per quanto riguarda i compensi ricevuti dallo stesso utilizzatore, valore che si alza a 5.000 per gli steward delle società sportive.
È doveroso specificare come tutti questi importi debbano essere riferiti esclusivamente sui compensi percepiti dal prestatore, escludendo quindi dal calcolo eventuali premi assicurativi, costi di gestione e contributi.
È altresì importante sottolineare però che per alcune categoria di prestatori la misura del compenso viene essere calcolata sul 75% dell’importo effettivamente percepito.
A rientrare in questa casistica di calcolo differente sono i titolari di una pensione di invalidità o di vecchiaia, i giovani che non abbiano ancora compiuto i 25 anni e iscritti a un corso di studio scolastico o universitario, i disoccupati e i percettori di prestazioni a sostegno del reddito o di integrazioni salariali.
In ogni caso, il limite che non deve mai essere superato in alcun modo è quello delle 280 ore di lavoro in un anno, con qualche eccezione per i lavoratori nel settore agricolo.
Chi svolge un’attività di lavoro occasionale attraverso un contratto di prestazione occasionale ha diritto a un’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e alla contribuzione previdenziale che l’utilizzatore è chiamato a versare all’INPS in gestione separata e nella misura pari al 33% del compenso.
Va ricordato che il compenso ricevuto dal prestatore non può mai essere inferiore ai 36 euro per 4 ore di lavoro, con la paga oraria che non può mai quindi scendere sotto la soglia dei 9 euro l’ora (tra le parti è concesso ovviamente fissare un compenso maggiore, ndr).
Stando alle norme previste attualmente dalla legge italiana, a non poter sfruttare un contratto di prestazione occasionale sono aziende o professionisti che hanno più di dieci dipendenti assunti a tempo indeterminato, le imprese operanti nell’edilizia e nei settori affini, le imprese che eseguono attività di escavazione in miniere, cave e torbiere, aziende del settore agricolo e coloro che effettuano appalti per servizi o opere.
A non poter utilizzare la prestazione occasionale sono anche tutti quei datori di lavoro che con il prestatore abbiano avuto un rapporto di lavoro subordinato o di co.co.co nei sei mesi precedenti.
Le pubbliche amministrazioni possono invece utilizzare questa tipologia di contratto soltanto per esigenze eccezionali e in presenza di attività specifiche.
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