Si è spento a 100 anni il Machiavelli d’America che per oltre mezzo secolo ha plasmato la politica estera degli Stati Uniti
Si è spento nella sua casa in Connecticut l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, che lo scorso 27 maggio aveva compiuto 100 anni. Autore della celebre frase “il potere è il massimo afrodisiaco”, il machiavellico statista lascia un’eredità controversa e contesa tra chi lo considera un genio della diplomazia e chi un genio del male.
Tessitore astuto e influente fino agli ultimi giorni, l’ex adolescente ebreo in fuga dall’Europa alla vigilia della Seconda guerra mondiale ha sponsorizzato alcune delle mosse più spregiudicate di realpolitik compiute dagli Stati Uniti il secolo scorso, incluse le interferenze, politiche e militari, su governi e politici stranieri per salvaguardare il ruolo di super potenza degli Usa. Emblematico in questo senso, il ruolo giocato in l’America Latina, il “cortile di casa”, dove Washington ha appoggiato giunte militari e colpi di Stato, come quello di Augusto Pinochet in Cile, che nel 1973 ha defenestrato il socialista Salvador Allende.
Nel 2001 il giornalista Christopher Hitchens nel libro The trial of Henry Kissinger ha accusato l’ex segretario di Stato – “un fantastico bugiardo con una memoria prodigiosa” – di “crimini di guerra, contro l’umanità e di violazioni del diritto internazionale”, facendo un lungo elenco che spaziava dal Vietnam al Bangladesh passando per Cipro e Timor Est.
Membro del Partito Repubblicano, è stato consigliere per la Sicurezza nazionale e segretario di Stato tra il 1969 e il 1977. Il Grande Vecchio della politica estera americana per oltre mezzo secolo, prima sul proscenio dell’amministrazione e poi dietro le quinte, ha plasmato la diplomazia a stelle e strisce.
In queste ultime settimane, dallo scoppio del conflitto a Gaza, Kissinger non è mai intervenuto pure essendo stato uno dei protagonisti durante la guerra dello Yom Kippur del 1973. Tra i suoi ultimi impegni pubblici, un incontro lo scorso luglio nella residenza a Washington dell’ambasciatrice italiana Mariangela Zappia con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Del resto l’ex segretario di Stato, amico intimo di Gianni Agnelli, ha sempre conservato un occhio attento su Roma.
In occasione del suo centesimo compleanno, il figlio David sul Washington Post ha attribuito l’eccezionale vitalità fisica e mentale di un uomo che ha seppellito ammiratori e detrattori all’inesauribile curiosità che nutriva il padre per il mondo: dalla minaccia delle atomiche negli anni ’50 all’intelligenza artificiale su cui due anni fa ha scritto il penultimo libro, “The age of Ai: and our human future”.
Straniero nella nuova patria dopo la fuga dalla Germania nel 1938, Heinz divenne Henry e imparò a esprimersi in perfetto inglese conservando sempre l’accento tedesco. Si fece largo prima all’università di Harvard, poi a Washington, fino a raggiungere, complice Nelson Rockefeller, il tetto del mondo al servizio di due presidenti. Prima con Richard Nixon e – dopo lo scandalo del Watergate che costrinse il capo della Casa Bianca alle dimissioni per evitare l’impeachment – con Gerald Ford. Kissinger concentrò nelle proprie mani ogni negoziato, rendendo superfluo il lavoro della rete diplomatica: dalla prima distensione verso l’Unione sovietica al disgelo con la Cina. Gli accordi di Parigi per il cessate il fuoco, il ritiro delle forze militari americani e la riunificazione pacifica del Vietnam, dopo quasi 60mila morti americani, gli valsero un controverso premio Nobel per la Pace, con le dimissioni di due giurati per protesta. Kissinger è stato di fatto un presidente ombra, anche se la scrivania dell’Ufficio ovale restò sempre per lui un miraggio irraggiungibile per il fatto di non essere nato negli Usa.
La sconfitta di Ford nel 1977 e l’elezione del democratico Jimmy Carter segnarono la fine della sua carriera pubblica ma non dell’impegno in politica estera. Dopo aver lasciato il governo, Kissinger fondò il celebre studio di consulenza Kissinger Associates, che ha arruolato nel tempo ministri e sottosegretari e ha fatto lobbying per governi, istituzioni e multinazionali. Non a caso è stato proprio lo studio a dare la notizia della sua morte: ”Il dottor Henry Kissinger, uno stimato studioso e statista americano, è morto oggi nella sua residenza nel Connecticut”, si legge nel comunicato che annuncia esequie in forma privata, mentre una cerimonia commemorativa si svolgerà a New York.
Le posizioni controverse assunte sulla crisi ucraina di recente hanno sorpreso molti osservatori. E provocato un’alzata di scudi a Kiev. Nel maggio del 2022, quando la guerra infuriava da due mesi, Kissinger si è espresso in favore di “negoziati di pace” da avviare “entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente”. Di fatto l’ex segretario di stato consigliava di “tornare allo status quo ante” in Crimea e in Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace.
D’altra parte già nel 2016, Kissinger aveva presentato all’allora candidato Donald Trump un piano per l’Ucraina che comprendeva il riconoscimento dell’annessione della penisola sul Mar Nero del 2014 e la sospensione delle sanzioni contro al Russia in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass.
Sin dai tempi dell’invasione del 2014 di Crimea e Donbass Kissinger ha invocato la “neutralità” di Kiev: “Se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere un avamposto dell’uno contro l’altra”, diceva riferendosi a Occidente e Russia, dicendosi quindi contrario all’ingresso del Paese nella Nato. Un punto su cui il segretario di Stato di recente ha cambiato idea. Lo scorso gennaio al Forum di Davos, Kissinger si era detto a favore dell’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica dopo l’invasione della Russia. “Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l’idea di un’Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso”, aveva detto con pragmatismo e realpolitik. “Sono felice che Mr Kissinger abbia cambiato idea”, si era rallegrato il presidente Volodymyr Zelensky.
Nei mesi scorsi, in un’intervista concessa alla Cbsnews in occasione del suo compleanno, Kissinger era tornato a parlare dell’Ucraina intravedendo una svolta all’orizzonte grazie al coinvolgimento di Pechino: “Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell’anno, parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati“.
Kissenger ha sempre coltivato un rapporto privilegiato con il Dragone. Sin dai tempi dell”Operazione Marco Polo”, la serie di visite segrete che il segretario di Stato fece in Cina nel 1971 preparando il terreno allo storico viaggio con cui, l’anno dopo, Nixon riaprì i rapporti diplomatici tra Washington e Pechino. Un rapporto privilegiato conservato fino all’ultimo, come dimostra l’incontro avuto lo scorso luglio nella residenza di Diaoyutai, nella capitale cinese, con il presidente Xi Jinping.
Con Donald Trump lo statista repubblicano ha avuto invece un rapporto particolare, svolgendo il ruolo di consigliere ombra del tycoon, che incontrò diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. “Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale a una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana”, diceva sempre Kissinger, che d’altra apprezzava anche il predecessore Barack Obama per “l’alto livello di intelligenza”.
Nell’intervista alla Cbsnews Kissinger del resto si è mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l’80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. “Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare“.
Quando si parla di Henry Kissinger, la prima cosa che viene in mente non è la sua vita sentimentale. Eppure nei salotti di Washington, Kissinger era anche noto come “il playboy della West Wing”, l’ala ovest della Casa Bianca. E sui tabloid la relazione con Jill St. John, prima Bond girl americana, tenne a lungo banco.
Malgrado non avesse esattamente il “phisique du role”, si fece una fama di seduttore seriale, che lui stesso si divertita ad alimentare. “Esco con le attrici perché non sono pronto a sposarne una”, rispose a Time nel 1972. Frequentatore assiduo di party. Nel 1974, Kissinger chiuse con le avventure e sposò in seconde nozze Nancy Maginess, a lungo collaboratrice del governatore dello Stato di New York Nelson Rockefeller.
La scomparsa di Kissinger ha innescato un messaggi di cordoglio in ogni angolo del mondo, inclusa l’Italia. “È stato un punto di riferimento della politica strategica e della diplomazia mondiale. È stato un privilegio aver avuto, di recente, la possibilità di confrontarmi con lui sui vari temi all’ordine del giorno dell’agenda internazionale”, ha detto Giorgia Meloni.
Significativo l’omaggio di Pechino, con l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti Xie Feng che si è detto “profondamente” rattristato dalla notizia. “È una perdita tremenda per il nostro Paese e per il mondo”, ha scritto su X. “La storia ricorderà” il contributo di Kissinger alle relazioni Cina-Usa e “rimarrà sempre vivo nei cuori del popolo cinese come un vecchio amico molto apprezzato”. Pechino e Washington “dovrebbero ereditare e portare avanti la sua visione strategica, il suo coraggio politico e la sua saggezza diplomatica”, gli ha fatto eco il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.
Per il presidente russo Vladimir Putin invece, Kissinger è stato “un diplomatico eccezionale, uno statista saggio e lungimirante che per molti decenni ha goduto del meritato rispettato in tutto il mondo”. Il suo nome, ha commentato il leader del Cremlino in un messaggio di condoglianze, “è indissolubilmente legato a una linea pragmatica di politica estera, che un tempo permise di raggiungere la distensione delle tensioni internazionali e di raggiungere i più importanti accordi sovietico-americani che hanno contribuito a rafforzare la sicurezza globale”.
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