Alimenti contaminati sul mercato italiano: quali sono e perché è meglio evitarli? Coldiretti ha stilato un elenco che si riferisce a dati dello scorso anno. Vediamolo insieme.
Coldiretti ha fatto della difesa del Made in Italy una delle sue bandiere. Una difesa che va dalla tutela dei prodotti italiani fino a studi che hanno come obiettivo quello di evidenziare le criticità dei prodotti esteri. L’ultimo in ordine di tempo è quello realizzato sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf), diffusa in occasione dell’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti a Villa Miani a Roma. Da questo documento è emersa una sorta di black list su alimenti prodotti fuori dai confini italiani che portano in dote numerose criticità. Vediamo quali.
In Italia – sottolinea la Coldiretti – oltre otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (86%). Sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022 – evidenzia Coldiretti – 106 scaturivano da importazioni da altri Stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%) e solo 44 (14%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale. I cibi e le bevande stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge che in Italia è stato pari al 6,4% nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale, secondo i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa nel 2023 relativo ai dati nazionali dei residui di pesticidi.
Ma quali sono questi prodotti? Le sorprese di certo non mancano, perché in alcuni casi arrivano da mercati che non si penserebbero pericolosi, come quello spagnolo. I pericoli maggiori per la salute dei consumatori italiani – continua la Coldiretti – sono venuti dai fichi secchi della Turchia per le aflatossine, seguito dal pesce spagnolo, per l’alto contenuto di mercurio, dalla carne di pollo polacca contaminata da salmonella e poi da cozze e vongole spagnole sempre con salmonella insieme al batterio dell’escherichia coli. Molto pericolosi anche i pistacchi da Turchia, Iran e anche Stati Uniti per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene nonché le erbe e le spezie dall’India e i litchi dalla Cina per la presenza di pesticidi oltre i limiti consentiti, ma non mancano neppure le ostriche francesi al norovirus che provoca violente gastroenteriti.
Qualche novità, nel campo della tutela del consumatore, è comunque arrivata. Grazie alla battaglia della Coldiretti arriva l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine anche per la frutta e verdura in busta, noci, mandorle, nocciole ed altri frutti sgusciati, agrumi secchi, fichi secchi e uva secca, funghi non coltivati e zafferano. Un risultato ottenuto con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue del regolamento delegato 2023/2429 che avrà piena attuazione a partire dal 1° gennaio 2025. Tuttavia, la provenienza resta sconosciuta in diversi casi, dai succhi di frutta alle marmellate, dai legumi in scatola al pane fino ai biscotti, senza dimenticare l’esigenza di arrivare anche nei ristoranti ad indicare la provenienza della carne e del pesce serviti a tavola.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute“, ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
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