Le regioni italiane con più pensionati sono quelle del Sud. In alcuni casi si è già da tempo assistito al sorpasso sui lavoratori, che ora sono in minoranza rispetto a chi percepisce una pensione.
L’Italia e le pensioni: un tema destina a diventare sempre di più centrale nel dibattito del Paese. Da anni ormai la percentuale di pensionati è in crescita a fronte di una contrazione della percentuale di lavoratori. Se la domanda è “i pensionati hanno già superato i lavoratori?”, la risposta almeno per il momento è “no”. In futuro, però, non è detto che possa essere la stessa. Secondo i dati del 2022, in Italia abbiamo 22.772.000 di pensionati e 23.099.000 di lavoratori. La situazione, però, è già ribaltata nel Sud Italia.
Le regioni italiane con più pensionati sono al Sud
Nel Sud Italia, quindi, si sta già assistendo a quello che potrebbe essere il futuro dell’intero Paese. Stando sempre ai dati dello scorso anno, gli ultimi disponibili, nel Meridione c’è già stato il “sorpasso”. Risultano, infatti, esserci 7.209.000 pensioni contro 6.115.000 stipendi. Un dato allarmante, dovuto, come sempre in questi casi, a una commistione tra diversi fattori. Sicuramente, uno dei principali è la denatalità. In un Paese in cui la crescita demografica è a zero, la popolazione è destinata ad invecchiare. Il risultato è quello che vediamo, con sempre meno lavoratori e sempre più pensionati. A questo si aggiunge l’emigrazione, uno dei problemi atavici del Sud Italia. Se i pochi giovani presenti scelgono di costruire il proprio futuro altrove, è naturale che il numero di lavoratori si assottigli sempre di più.
Non a caso, in cima alle classifiche troviamo Regioni che notoriamente accolgono gran parte delle migrazioni interne in Italia. In cima alla classifica delle regioni virtuose troviamo la Lombardia, con un saldo positivo di 733mila unità, seguita da Veneto (+342mila) e Lazio (+310mila). In “verde” anche Emilia Romagna(+208mila), Toscana (+ 137mila) e Trentino Alto Adige (+132mila), con la colonna che si colora di rosso a partire da Marche e Molise (-14mila e -20mila), fino ad arrivare ai picchi rappresentati dalla Sicilia (-303mila), la Puglia (-227mila) e la Calabria (-226mila).
Il nodo centrale del lavoro nero
Cosa fare, allora? Non esistono, purtroppo, soluzioni immediate. Anche pensando di dare vita a un programma di ampio respiro a livello nazionale, i risultati non si vedrebbero prima di vent’anni almeno. Troppo tempo, non ce n’è così tanto. Il tema su cui lavorare, allora, è un’altra piaga del sistema Italia: il lavoro nero. È necessario portare a galla tutti i lavoratori sommersi, quelli invisibili, che lavorano cioè senza contratti. Secondo i dati Istat si parla di almeno tre milioni di persone. Una cifra molto alta, che potrebbe sicuramente portare sollievo almeno numerico ai dati che abbiamo analizzato poco fa. Una volta fatto questo, una seconda missione è quella legata al lavoro femminile. Soprattutto al Sud, l’Italia è fanalino di coda a livello europeo per l’impiego delle donne. Politiche mirate in questa direzione potrebbero aiutare particolarmente. Di certo, serve fare qualcosa: senza interventi in tempi stretti l’intero sistema di previdenza sociale rischia di crollare.