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Lavoro, 2 milioni di italiani all’anno lasciano il posto: quali sono i motivi?

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Dalma Bonaiti

I motivi per cui 2 milioni di italiani lasciano il lavoro ogni anno, come farlo e come affrontare questo problema

L’aumento di individui che sceglie di abbandonare volontariamente il proprio impiego è una tendenza crescente a livello globale, noto come “Great Resignation”. Questo fenomeno, che una volta era preponderante negli Stati Uniti, si è diffuso in Europa, inclusa l’Italia, e ha guadagnato popolarità in seguito all’influenza della pandemia da Covid sul concetto di lavoro.

L’emergere di nuove priorità professionali e personali, rispetto ai criteri economici, è spesso alla base di queste decisioni. Un esempio è quello della Lombardia, dove si è registrato un incremento significativo nelle dimissioni, passando da 420.000 nel 2021 a 566.000 nel 2022. Questo dato rappresenta circa il 12% della forza lavoro. In modo sorprendente, nel 40% di questi casi, i lavoratori hanno scelto di lasciare il proprio ruolo senza un nuovo contratto lavorativo. Queste decisioni sembrano essere guidate dalla volontà di mantenere un equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata, e di evitare le tensioni negli ambienti di lavoro che spesso di dimostrano ansiosi.

Indagine sul licenziamento volontario e i motivi che spingono 2 milioni di italiani all’anno a lasciare il lavoro

Nel 2022, le dimissioni volontarie hanno toccato il picco di quasi 1,7 milioni, con un incremento del 22% rispetto all’analogo periodo del 2021. In Italia, circa il 29% dei lavoratori è attualmente alla ricerca di un nuovo lavoro, che risulta essere un fenomeno più diffuso tra i lavoratori di età compresa tra i 25 e i 34 anni, ove la percentuale arriva al 38%.

Il fenomeno è particolarmente pronunciato tra gli appartenenti alla Generazione Z.

Un ulteriore indicatore di questo cambiamento di prospettive e priorità lavorative è che:

  • il 23% dei lavoratori preferirebbe restare senza lavoro piuttosto che rimanere in un lavoro che li rende infelici,
  • una percentuale che aumenta al 34% tra coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni.

La ricerca sfida e contrasta le affermazione della Banca d’Italia che sostiene che coloro che si dimettono rimangono generalmente nello stesso settore. La Banca d’Italia ha infatti affermato che “i lavoratori presentano le dimissioni solo quando si prevede un nuovo lavoro”. Tuttavia, lo studio della Cisl rileva che, sebbene il 64,5% delle persone avesse una possibile nuova posizione al momento delle loro dimissioni, il 35,5% restante non aveva tali prospettive.

Inoltre, la Banca d’Italia sosteneva che “la maggior parte di questi casi ha comportato cambi di lavoro all’interno dello stesso settore, senza causare rilevanti movimenti di lavoratori verso settori differenti”. I dati di ricerca, però, contraddicono anche questa affermazione: in Lombardia, solo il 52% di coloro che si sono dimessi dal settore commerciale è rimasto nello stesso campo. Il 48% ha invece migrato verso campi diversi, quali l’industria meccanica, i servizi aziendali o l’industria alimentare.

 

Foto | fauxels @Canva – informagiovanirieti.it

 

Le motivazioni dietro alle dimissioni volontarie, le percentuali della ricerca

Diversi fattori spingono le persone a cambiare lavoro, come rivelato dalla ricerca “Dentro l’epoca della Grande rinuncia – I nuovi elementi di attrazione del lavoro nel mondo in cambiamento” condotta da Bibliolavoro e Sindacato – Ufficio Vertenze Lombardia e presentata da Cisl Lombardia. Non si tratta solo di motivazioni legate all’economia o alla società, ma anche di altre influenze che portano alla ricerca di nuove prospettive professionali. Cisl Lombardia ha identificato quattro ragioni principali per questi cambiamenti:

  • il 36% denuncia un livello di stress lavorativo eccessivo,
  • il 34,9% lamenta un clima di lavoro tossico,
  • il 29,5% aspira a un progresso economico
  • il 26,2% desidera un migliore equilibrio tra vita personale e professionale.

Non si tratta solo di dimissioni rinviate dal 2020 o di reazioni sensate ad un mercato del lavoro in evoluzione post-pandemia, ma piuttosto di un concreto sforzo per migliorare situazioni insoddisfacenti nel contesto lavorativo.

I ripensamenti rispetto alle dimissioni

Molti però si sono ravveduti dopo aver seguito la corrente della “Great Resignation”, come viene definita in Italia. Secondo infatti le statistiche dell’Osservatorio HR PoliMi, il 41% di loro vorrebbe retrocedere rispetto a questa decisione e sembra che riguardi principalmente gli uomini e individui con più di cinquant’anni. Le ragioni principali di tale pentimento sono la sfida nel reinserirsi nel mondo del lavoro dopo aver lasciato il proprio impiego senza avere una nuova offerta di lavoro in vista e una rivalutazione apprezzabile del precedente posto di lavoro una volta lasciato.

Come lasciare il lavoro con le dimissioni volontarie, i passaggi

A seguito dell’implementazione del “Jobs Act”, dal 12 marzo 2016, tutte le rescissioni del contratto di lavoro e le dimissioni volontarie devono essere gestite unicamente attraverso mezzi elettronici. Questo cambiamento significativo mira a contrastare il problema delle “dimissioni in bianco”, una pratica diffusa che ha avuto effetti negativi sui lavoratori più vulnerabili. Il processo è piuttosto semplice. Il dipendente può infatti inviare autonomamente il nuovo modulo attraverso il sito web del Ministero del Lavoro, accedendo via SPID o CIE.

Compilazione del modulo online

Questo darà accesso a un modulo online che permetterà di recuperare le informazioni relative al contratto di lavoro che si intende terminare, presente nelle  Comunicazioni Obbligatorie. Per i contratti di lavoro stipulati prima del 2008, il dipendente dovrà fornire la data di inizio del contratto, il tipo di contratto e i dettagli dell’impiegato, incluse le informazioni di contatto come l’email o PEC. Nella fase finale, dovranno essere inseriti i dettagli relativi alle dimissioni o alla rescissione consensuale o alla loro revoca; oppure avvalersi dei servizi di un soggetto abilitato (patronato, sindacato, ente bilaterale, commissioni di certificazione, consulenti del lavoro, uffici territoriali competenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro) il quale sarà incaricato di compilare i dati e inviarli al Ministero del Lavoro.

Ogni modulo salvato, sia dai soggetti abilitati che dai lavoratori, sarà contrassegnato con due dati identificativi:

  • la data di invio (marca temporale)
  • un codice identificativo correlato alla data.

Il dipendente avrà sempre l’opzione di revocare le dimissioni o la rescissione consensuale entro 7 giorni dalla notifica.

Una volta superato il periodo di 7 giorni utile per la revocazione, è possibile effettuare la presentazione di nuove dimissioni irrevocabili per il medesimo impiego. I modelli digitali delle dimissioni volontarie o risoluzione mutualmente accordata e la loro revocazione, possono essere solo visualizzati dai datori di lavoro della rispettiva società e dalle sedi territoriali competenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Dalma Bonaiti

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